Le abitazioni unifamiliari non di lusso (e quelle site in condomini che realizzano un intervento trainante) se utilizzate anche come uffici da professionisti e piccoli imprenditori possono accedere al superbonus del 110% e, in caso positivo, in quale misura? Si tratta di un dubbio abbastanza frequente, su cui mancano riferimenti certi. Vediamo perché.
La circolare 24/20 non ha affrontato il problema specifico, precisando che le unità immobiliari ammesse devono avere natura residenziale (ad eccezione delle quote millesimali di spese relative a interventi su parti comuni di edifici in prevalenza residenziale) e che le persone fisiche, in base al'articolo 119, comma 9, lettera b), del Dl 34/20, possono fruire dell'agevolazione sugli interventi effettuati «al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professionabitazioni-i».
Nel corso di Telefisco 110%, l’Agenzia ha ribadito che la detrazione spetta anche ai contribuenti persone fisiche che svolgono attività di impresa o arti e professioni, qualora le spese sostenute abbiano a oggetto interventi effettuati su immobili appartenenti all'ambito “privatistico” e, dunque, diversi da quelli strumentali alle predette attività di impresa o arti e professioni dalle unità immobiliari che costituiscono l'oggetto della propria attività e dai beni patrimoniali appartenenti all’impresa.
Il bonus deve quindi riguardare unità immobiliari (oggetto di interventi qualificati) non riconducibili ai cosiddetti «beni relativi all'impresa» o a quelli «strumentali per l'esercizio di arti o professioni».
Tralasciando il caso degli immobili strumentali per natura, l'articolo 43 del Tuir considera “strumentali”, ai fini delle imposte sui redditi, gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore. Situazione che non si verifica per gli immobili utilizzati promiscuamente dal professionista come abitazione ed ufficio o (per fare un esempio) dall'agente di commercio come residenza e sede della propria attività. Si tratta di immobili appartenenti alla sfera “privata”, in quanto tali potenzialmente agevolabili.
Un parallelo può essere realizzato con l'agevolazione di cui all’articolo 16-bis Tuir (attualmente pari al 50% delle spese sostenute sino ad un limite di 96mila per unità immobiliare), atteso che anche questo bonus è riservato agli immobili residenziali e non è applicabile agli interventi realizzati sugli immobili strumentali o merce.
Il comma 5 della disposizione prevede che «se gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all'esercizio dell'arte o della professione, ovvero all'esercizio dell'attività commerciale, la detrazione spettante è ridotta al 50%».
In tal senso si è espressa anche l’amministrazione finanziaria (risoluzione 18/08 che riprende la circolare 57/98, risposta a interpello 468/19, nonché «Guida alle ristrutturazioni edilizie»).
Così ragionando, l'intervento in esame dovrebbe rientrare nell'ambito delle “due unità immobiliari” che il comma 10 dell'articolo 119 concede alle persone fisiche (quote condominiali escluse).
È però necessario un chiarimento ufficiale per diversi motivi. L'articolo 119 non replica esplicitamente quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 16-bis; poi, le detrazioni per il recupero edilizio si applicano ai cosiddetti “immobili patrimonio” di imprese individuali e società di persone, mentre il 110% no; inoltre, la circolare 24/E, nel far riferimento agli immobili per cui non è ammesso il superbonus, non cita l'articolo 43 Tuir, ma gli articoli 65 (per gli immobili d'impresa) e 54, comma 2 (per quelli ad uso professionale); infine, in più punti la stessa circolare esclude dal 110% «le spese sostenute per interventi su immobili utilizzati per lo svolgimento di attività di impresa, arti e professioni», richiamando, quindi, la destinazione senza specificare se essa debba essere esclusiva o anche promiscua.
Giorgio Gavelli - 29 ottobre 2020 – tratto da sole24ore.com