Più garanzie per l'omesso versamento dell'Iva. È legittimo il sequestro sui beni dell'azienda e dell'imprenditore nonostante il regolare versamento al fisco delle rate concordate e la crisi di liquidità. La linea dura arriva dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5781 del 7 febbraio 2018, ha respinto il ricorso di un manager accusato di non aver pagato, per conto della sua società, l'imposta sul valore aggiunto.

Due le obiezioni sollevate dalla difesa dell'uomo di fronte ai giudici del Palazzaccio: in primo luogo la rateizzazione con il fisco regolarmente pagata e in secondo luogo la crisi di liquidità.

Nessuno dei motivi ha però fatto breccia presso la terza sezione penale che ha confermato e reso definitiva la misura. In sentenza si legge infatti che «in tema di reati tributari, il comma secondo dell'art. 124bis del Dlgs n. 74 del 2000 (norma introdotta dal Dlgs n.158 del 2015), nel disporre che la confisca diretta o di valore del beni costituenti profitto o prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro e che nel caso del mancato versamento la confisca è sempre disposta», non preclude l'adozione del sequestro preventivo ad essa confisca finalizzato, relativamente agli importi non ancora corrisposti.

Ma non è tutto. Sulla crisi di liquidità gli Ermellini ribadiscono che nel reato di omesso versamento di Iva ai fini dell'esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo.

Nulla da fare neppure sull'illegittimità costituzionale prospettata dalla difesa dell'uomo. Infatti, ha precisato il Collegio di legittimità, la legge delega non contiene il principio dell'abrogazione delle condotte criminose, relative al solo omesso versamento, con la dichiarazione corretta, ma l'adeguamento delle sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti, anche con la previsione di adeguate soglie di punibilità; si trattava quindi di un adeguamento e non di una revisione con depenalizzazione di comportamenti.

Debora Alberici – 08 febbraio 2018 – tratto da Italia Oggi

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