La normativa che riguarda le piscine condominiali comprende il Dpr 616/1977 e la legge 833/1978, che individuano, tra le materie di assistenza sanitaria ed ospedaliera, la tutela igienico e sanitaria delle attività sportive e ricreative. Si è poi ritenuto necessario l’intervento normativo costituto dalla Conferenza Stato e Regioni del 16 gennaio 2003.

La Conferenza ha definito la piscina «un complesso attrezzato per la balneazione che comporti la presenza di uno o più bacini artificiali utilizzati per attività ricreative, formative, sportive e terapeutiche esercitate nell’acqua contenuta nei bacini stessi e comprende le piscine pubbliche e private, comprese le piscine condominiali la cui natura giuridica è definita dagli articoli 1117 e seguenti del Codice civile , destinate esclusivamente agli abitanti del condominio e ai loro ospiti».

Le regole della Conferenza Stato-Regioni

Le indicazioni della Conferenza seguono l’impostazione della normativa di sicurezza sul lavoro in quanto prevede che il responsabile dell’esercizio deve redigere (e osservare e fare osservare le disposizioni lì contenute) un documento di valutazione del rischio contenente l’analisi dei potenziali pericoli igienici e sanitari, l’individuazione dei punti in cui possono realizzarsi tali pericoli e le misure atte a prevenirli, l’individuazione dei punti critici e la definizione dei limiti critici, la definizione del sistema di monitoraggio, l’individuazione delle azioni correttive, le verifiche del piano.

Sono previsti controlli interni della qualità dell’acqua utilizzata a cura del gestore e controlli esterni da effettuare da parte dell’Asl secondo lo schema stabilito dal Dlgs 31/2001.

L’accordo prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa, determinata autonomamente dalle Regioni, al responsabile delle piscine, per l’inosservanza delle prescrizioni igienico sanitarie formulate dall’Asl.

Il dettato della Conferenza del 16 gennaio 2003 è stato recepita dalle Regioni, in particolare in Lombardia dalla Dgr del 17 maggio 2006 n. 8/2552. Il titolare dell’impianto è individuato nell’amministratore condominiale, il quale è tenuto a redigere il piano di autocontrollo e a nominare l’addetto agli impianti tecnologici.

Infine, anche per le piscine condominiali, c’è l’obbligo dell’adozione del servizio di assistenza dei bagnanti per la piscine che abbiano la profondità superiore a 1,40 metri o il volume totale superiore a 300 metri cubi. La frequenza delle analisi sul campo e di laboratorio sull’acqua di vasca deve essere conforme alla norma Uni 10637 e nel caso di approvvigionamento idrico autonomo devono essere effettuati controlli anche su tale acqua.

Le responsabilità

L’esercizio di una piscina può comportare la responsabilità penale dell’esercente , secondo il principio generale di garanzia stabilito dall’articolo 40, comma 2 del Codice penale, per gli infortuni colposamente cagionati ai frequentatori. Inoltre va ricordato il rischio della responsabilità aggravata prevista dall’articolo 2050 del Codice penale per il quale «chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno».

In tale contesto la Corte di cassazione penale (sentenza 18569/2013) ha definito attività pericolosa l’esercizio di una piscina affermando che la piscina costituisce una struttura pericolosa, sia quando è in esercizio, sia quando non lo è: «Nel corso dell’esercizio (...) va assicurata la presenza di personale di salvataggio che sorvegli le attività ginniche o ricreative che vi si svolgono. Quando la struttura non è operativa, la vasca costituisce pur sempre un’entità costituente fonte di pericolo, derivante soprattutto dalla presenza di acqua, in relazione alle possibilità di caduta accidentale e di incongrue iniziative da parte degli utenti della struttura . Pure tale rischio deve essere cautelato in modo appropriato (...). In linea generale (...) pare ragionevole che l ’esercente della struttura delimiti l’area con transenne , barriere o apparati equivalenti che inibiscano l’accesso alla vasca e rendano chiaro, esplicitamente o implicitamente, che la struttura non è in esercizio e ne vietino, quindi , l’uso».

La nuova piscina
La normativa che riguarda le piscine è anche quella edilizia stabilita dal Dpr 380/2001 e la Corte di cassazione (sentenza 26275/2018) stabilisce la necessità del rilascio di un permesso di costruire per realizzare una piscina in condominio. In particolare, la Corte ha dichiarato legittimo il sequestro preventivo di una piscina realizzata in un immobile e priva del permesso di costruire. Il proprietario era stato indagato per il reato di cui all’articolo 44, lettera b), del Dpr 380/2001. La Corte confermava l’assunto del Tribunale per cui , per realizzare la piscina, era necessario il rilascio del permesso di costruire in quanto doveva essere realizzato lo scavo prima del posizionamento del rivestimento in pvc. La piscina, inoltre, non aveva carattere pertinenziale rispetto all’immobile.

Giulio Benedetti - 24 luglio 2018 – tratto da sole24ore.com

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