Due interrogativi si pongono, immediatamente, di fronte alle nuove misure condonistiche introdotte dal Dl 119/2018.
Il primo riguarda la tenuta di una credibilità, anche minima, del sistema tributario italiano, una volta che tutta l'operazione condoni (perché di questo si tratta) 2019 sarà terminata. Inutile dire che se la credibilità del sistema fiscale risultava già piuttosto bassa, le nuove sanatorie, in mancanza di un vero riordino del sistema fiscale (nemmeno accennato – per la verità - dalle nuove misure come, almeno, giustificazione delle stesse), l'affossano completamente. Con un'ipoteca che peserà davvero come un macigno sulle future entrate tributarie.
Il secondo interrogativo riguarda il vero volto delle stesse misure definitorie. La “storia” insegna che il vero volto dei condoni non lo si ha mai con le misure di “entrata”, ma soltanto alla fine dell'iter legislativo delle stesse. Iter legislativo che, in questo caso, non si avrà con la conversione in legge del decreto legge n. 119/2018, ma, c'è da scommetterci, con la legge di Bilancio 2019, la quale andrà senz'altro a modificare – a sua volta - le disposizioni della legge che convertirà il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
In questo iter legislativo ci sarà probabilmente spazio per fare entrare nelle sanatorie situazioni che ora risultano escluse. È il caso degli omessi versamenti, che non potrà che includere anche la definizione dei cosiddetti “avvisi bonari”, così come è assai probabile che verranno inserite nella dichiarazione integrativa speciale anche le dichiarazioni regolarmente presentate a tutto lo scorso mese di ottobre (sostanzialmente, il periodo d'imposta 2017).
Proprio la dichiarazione integrativa speciale è quella che presenta le maggiori carenze “strutturali”. Infatti, se per le varie controversie potranno essere riviste modalità di accesso ed entità delle varie definizioni, per la dichiarazione integrativa speciale è proprio la “struttura” che non convince. In primo luogo, il fatto di fare pagare un'imposta sostitutiva (del 20%) su ciò che, a monte, è stato assoggettato a imposizione ordinaria. Imposta sostitutiva, peraltro, che risulta a forte rischio di incostituzionalità perché non si era mai avverato fino ad ora che una misura condonistica istituisse “ora per allora” una nuova imposta che va, di fatto, ad agevolare chi ha evaso, e oggi si ravvede, rispetto a chi ha regolarmente pagato le imposte.
I condoni – o, comunque, le varie sanatorie – hanno sempre avuto per oggetto una sorta di forfetizzazione rispetto al quantum dichiarato o di ciò che non è stato dichiarato. Mai una sanatoria aveva rideterminato al ribasso un'imposta “originaria”. Infatti, la nuova imposta sostitutiva del 20% (che sostituisce le imposte originarie che si sarebbero dovute dichiarare) risulta più bassa anche rispetto alla prima aliquota Irpef: si introduce così un'agevolazione “ora per allora” per coloro che non hanno assolto correttamente gli adempimenti tributari a scapito di coloro che vi hanno perfettamente adempiuto. In sostanza, coloro che utilizzeranno la dichiarazione integrativa speciale pagheranno senz'altro di meno in termini di imposta rispetto a coloro che – rispettando i termini di legge - hanno regolarmente dichiarato gli imponibili.

Dario Deotto - 02 novembre 2018 – tratto da sole24ore.com

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