Nel contratto di Governo tra Movimento 5 Stelle e Lega il reddito di cittadinanza era nato come beneficio erogato a prescindere dalla condizione abitativa e pari a 780 euro per una famiglia composta da una sola persona. Il costo? Almeno 17 miliardi di euro per un sussidio che sarebbe stato tra i più generosi d’Europa.

Il decretone pensioni-reddito (Dl 4/2019) - all’esame del Senato per la conversione in legge - ha invece previsto un reddito minimo di 500 euro mensili più 280 euro nella forma di contributo per l’affitto.

Prima penalizzazione: il contributo all’affitto
Questa modalità - sottolinea uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica diretto da Carlo Cottarelli - consente di ridurre il peso del reddito di cittadinanza per le finanze pubbliche per due ragioni. Da un lato, il sostegno per la casa non è erogato a tutti i destinatari della misura; dall’altro, la componente destinata all’affitto non aumenta all'aumentare dei componenti della famiglia. È questo il primo motivo per cui il reddito di cittadinanza è meno generoso nei confronti delle famiglie numerose.

«Tenendo ferma la platea considerata dal decreto legge - si legge nel report curato da Andrea Gorga - anche considerando l’erogazione del supporto alla casa a tutti i beneficiari, il risparmio per le casse dello Stato è nell’ordine dei 3,5 miliardi di euro l’anno. In sostanza, con questo artificio, minori risorse vengono destinate alle famiglie numerose».

Seconda penalizzazione: la scala di equivalenza
Anche la scala di equivalenza (insieme di coefficienti che consente di calcolare l’ammontare mensile da corrispondere a famiglie che hanno più di un componente) applicata dal decreto pensioni-reddito non è molto generosa nei confronti delle famiglie numerose.

Esistono delle scale standard che sono normalmente utilizzate, come la scala di equivalenza Isee e quella Ocse. La precedente proposta del M5s utilizzava la scala di equivalenza dell’Ocse, mentre il Rei (il reddito di inclusione previsto dal Governo Gentiloni) utilizza quella Isee. Il governo ha deciso di sviluppare una nuova scala di equivalenza molto meno generosa - sottolinea il rapporto della Cattolica - di quelle precedentemente menzionate.
La scala di equivalenza penalizza le famiglie numerose rispetto ai singoli individui (per nuclei di una sola persona il reddito rimane pari a 780 euro).

Secondo l’osservatorio dell’università Cattolica si tratta di altre risorse che non saranno erogate alle famiglie più numerose: circa 2,1 miliardi l’anno, che sommati ai 3,5 miliardi derivanti dallo scorporo del supporto per la casa dal reddito minimo, i minori costi arrivano fino a 5,6 miliardi di euro.

Terza penalizzazione: i requisiti di accesso
Il terzo motivo per cui le famiglie numerose saranno svantaggiate dal reddito di cittadinanza riguarda l’accesso alla misura.

I requisiti infatti utilizzano diverse scale di equivalenza. In particolare, il requisito del reddito familiare - inferiore ai 6mila euro per un single - utilizza coefficienti della scala di equivalenza sviluppata per il reddito di cittadinanza.

Questo rende relativamente più difficile per le famiglie numerose rispettare il requisito del reddito familiare, rispetto alle famiglie composte da una sola persona.

Il report dell’Osservatorio Cpi fa l’esempio di un nucleo di 5 persone: 2 adulti e 3 minori, con un reddito (al netto dell'affitto) di 21.125 euro ogni anno. In questo caso l’Isee sarebbe pari a 6.500 euro, inferiore alla soglia prevista dal decreto legge. Il requisito del reddito familiare risulta però molto più stringente in quanto questo aumenta molto lentamente a causa della scala di equivalenza utilizzata. Per un nucleo così composto la soglia di reddito familiare sarebbe pari a 15.360 euro e non consentirebbe di accedere al beneficio.

Prendiamo invece in considerazione un single con reddito (al netto dell’affitto) di 6.500 euro. Quest’ultimo valore corrisponde anche all’Isee in quanto per un single il coefficiente applicato in tutte le scale di equivalenza è 1. La soglia di reddito familiare sarebbe pari a 9.360 euro.

Due esempi che dimostrano come nuclei familiari con lo stesso Isee sono inclusi o esclusi dall'erogazione del beneficio sulla base della numerosità dei componenti.

Appare quindi chiaro come il reddito di cittadinanza cosi disegnato tenda ad essere relativamente generoso nei confronti dei nuclei familiari composti da una sola persona e molto meno consistente per quanto riguarda le famiglie numerose.


Il problema, conclude lo studio, è che la povertà ha un’incidenza molto maggiore in famiglie numerose, piuttosto che nuclei composti da pochi componenti. Quasi un quinto delle famiglie composte da 5 o più persone sono infatti in condizioni di povertà assoluta, mentre tra nuclei di una sola persona questa percentuale scende al 5 per cento.

Il gap territoriale
Le disparità potrebbero essere forti sul territorio. L’importo del reddito di cittadinanza non dipende da dove si risiede: viene dunque calcolato a livello nazionale. Secondo l’Istat, però, la soglia di povertà varia sensibilmente al variare del luogo di residenza. Al Nord il costo della vita è più elevato rispetto al Sud, quindi il reddito di cittadinanza finirà per essere più generoso con le persone residenti nel Mezzogiorno, soprattutto per quelle famiglie di piccole dimensioni.

Un single in affitto - sottolinea l’Osservatorio Cpi - residente in una piccola città del Sud beneficerà di 780 euro al mese a fronte di una soglia di povertà pari a 561 euro. In aggiunta alla spesa minima calcolata dall’Istat per poter sopravvivere, l'individuo in questione riceve ulteriori 220 euro. Una famiglia di quattro persone con due figli residente a Milano avrà invece 1.180 euro a fronte di una soglia di povertà pari a 1.653 euro e continuerà, stando ai numeri, a vivere in una condizione di disagio economico.

Francesca Barbieri - 13 febbraio 2019 – tratto da sole24ore.com

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