L'«appeal» (tutto da scoprire) delle «infrastrutture culturali», opportunità d'investimento per le Casse previdenziali, sollecitate (a più riprese) dai governi a scommettere sull'economia reale del Paese. L'idea di metter in risalto quanto possa esser proficuo condurre operazioni finanziarie nell'ambito artistico, turistico e paesaggistico della Penisola è venuta all'Eppi (Ente pensionistico dei periti industriali), che ha deciso di dedicare al tema il convegno di oggi, a Firenze, perché, anticipa a ItaliaOggi il presidente Valerio Bignami, «abbiamo il dovere di indagare sulle potenzialità di questo settore, una delle eccellenze italiane»; ad esempio, ipotizza, «se venisse costituito un fondo di natura pubblica sugli investimenti in beni storico-culturali, con regole di partecipazione per privati e con rendimenti, anche minimi, garantiti, insieme a una tempistica certa di realizzazione delle opere», potrebbe esser preso seriamente in considerazione, giacché «non si tratterebbe di impiego di capitali a fondo perduto».

La cultura, incalza, «è un'infrastruttura, magari immateriale, ma al pari di un'autostrada», e se è corretto per l'Eppi (il cui patrimonio ha superato il miliardo 356 milioni di euro) interrogarsi sui benefici finanziari che potrebbero derivare dalla valorizzazione e dalla conservazione dei numerosi siti e monumenti frequentati da centinaia di migliaia di visitatori ogni anno, è altrettanto utile, osserva Bignami, pensare che ad occuparsi di «sicurezza, climatizzazione e acustica» sono i periti industriali, che potrebbero ampliare il loro giro d'affari.

Il percorso, per il presidente dell'Ente previdenziale dei veterinari (Enpav) Gianni Mancuso, invitato all'iniziativa fiorentina, «andrebbe strutturato», per «dare una mano al sistema-Italia, non senza redditività, visto che dobbiamo pagare le pensioni»; una «piccola fetta del nostro patrimonio, che ammonta a più di 800 milioni», potrebbe esser rivolta all'arte, «qualora il settore pubblico volesse coinvolgere Cassa depositi e prestiti e le Casse professionali», conclude.

Simona D'Alessio – 21 settembre 2019 – tratto da Italia Oggi

 

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