Oggi le aziende dovrebbero sfruttare i molti strumenti che hanno a disposizione per studiare i consumatori, ma anche narrare storie ricche intorno ai marchi grazie alla dilatazione della comunicazione che i mezzi digitali consentono in sinergia con quelli tradizionali, senza dimenticare di mettere al centro la responsabilità sociale e ambientale e di coinvolgere nelle aziende le nuove generazioni cresciute su internet. Sono questi gli aspetti che guideranno il marketing nel futuro secondo Philip Kotler, guru mondiale del marketing di cui è considerato il fondatore.

Autore del famosissimo Marketing Management (giunto ormai alla sua 14° edizione) e S.C. Johnson & Son Distinguished Professor di Marketing Internazionale presso la Kellogg School of Management della Northwestern University, Kotler è in Italia per il Philip Kotler Marketing Forum, in corso oggi all’Università Bicocca, e sul treno che l’ha portato da Bologna a Milano ha concesso un’intervista a ItaliaOggi. 
Domanda. Professor Kotler, quali sono nella sua visione i trend che caratterizzeranno il marketing nei prossimi 10 anni?
Risposta. Il vecchio marketing è quello di massa, che significa spendere un sacco di denaro per fare spot televisivi di 30 secondi, che vengono visti da tutti; in questo caso non sappiamo chi sono le persone che ricevono il messaggio: sappiamo semplicemente che sono persone che per esempio vogliono bere una bibita, mangiare al fast food e così via, ma non abbiamo informazioni su di loro. Il nuovo marketing ha diversi aspetti: innanzitutto grazie alle neuroscienze possiamo sapere quale versione di una pubblicità fa reagire il cervello o il cuore, quindi possiamo testare le pubblicità e capire quelle che piacciono di più a livello inconscio. Il secondo elemento è che possiamo usare una forma breve o lunga di comunicazione: nel passato le pubblicità erano un piccolo dramma di 30 secondi, oggi grazie al web possiamo trasmettere messaggi più lunghi, e questo apre possibilità allo storytelling. Chi lavora nel marketing deve essere dunque in grado di mettere insieme molte più informazioni e storie, più background per ogni prodotto, rispetto al passato. Inoltre, ci sono più canali in cui è possibile comprare. Il futuro del marketing è già qui: abbiamo molti più strumenti per studiare i clienti e questo ci permette di mettere a punto il giusto messaggio, per la giusta persona, al momento giusto e con il prezzo giusto.
D. Considerati questi trend, che consigli darebbe a chi lavora nel marketing e alle aziende?
R. Il marketing diventerà più digitale. Per questo penso che le persone di talento che lavoreranno nel marketing saranno giovani cresciuti nell’era digitale. Il marketing è oggi nelle mani del chief marketing officer: la mia opinione è che servirebbe una nuova posizione ovvero il capo del marketing e delle vendite, perché spesso la forza vendita e il marketing sono nemici, e invece bisognerebbe portarli a lavorare insieme. Un altro consiglio è che il direttore marketing non passi tutto il tempo nel suo dipartimento ma anche con chi si occupa delle questioni finanziarie, con le persone della produzione e delle pr. Per quanto riguarda le aziende, alle 4P, ovvero product, price, place e promotion (prodotto, prezzo, distribuzione e promozione, ndr) ne aggiungerei oggi altre tre: profitto, per cui è indispensabile fare un buon prodotto, persone, ovvero trattare bene le persone che lavorano per la propria azienda e dargli un buon salario, e pianeta, che vuol dire essere attenti all’ambiente. Le aziende, insomma devono essere sostenibili oltre che profittevoli. E il marketing serve far sapere quali sono le buone aziende ai clienti, che in questo modo possono scegliere.
D. Lei ha detto che il marketing diventerà più digitale: quali sono le implicazioni e che ruolo avrà la pubblicità tradizionale in questo scenario?
R. Spesso mi chiedono se il marketing digitale eliminerà il marketing tradizionale, la mia risposta è che non sarà così. La cosa migliore è iniziare a investire una percentuale del budget, per esempio il 10%, in esperti di internet delle nuove generazioni e farli sperimentare sul web e sui social network, per poi, in base ai risultati, aumentare progressivamente. Penso che, dove il digitale funziona, si arriverà nel giro di 3-5 anni a destinare a questi mezzi il 50% del budget. In ogni caso per costruire un brand e una conoscenza del marchio su larga scala serve comunque la comunicazione tradizionale: i due mondi devono lavorare insieme.
D. Quali sono i più grandi cambiamenti che lei ha visto nei comportamenti dei consumatori negli ultimi anni?
R. La classe lavoratrice è sempre più focalizzata sul risparmio e sull’acquisto di prodotti per la vita quotidiana: le persone non hanno il denaro per acquistare molte cose che vorrebbero perché non guadagnano abbastanza. La classe media è sempre più consapevole e spesso c’è molto pessimismo. La mia tesi è che l’ottimismo dovrebbe battere il pessimismo, perché chi è ottimista investe e si assume dei rischi e questo porta a risultati positivi. D’altro canto si stanno anche affermando diversi stili di vita, perché le persone si sentono individui e vogliono distinguersi, che le aziende devono osservare e che sono opportunità di business: per esempio quelli che ritengono che non sia necessario troppo denaro per essere soddisfatti, oppure stili legati al cibo, come il biologico o il veganesimo.

Irene Greguoli Venini – 15 maggio 2015 – tratto da Italia Oggi

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