La falsa dichiarazione d’intento utilizzata per effettuare importazioni senza il pagamento dell’Iva conduce davanti al giudice penale: gli uffici doganali hanno l’obbligo di segnalare il fatto all’autorità giudiziaria, per la contestazione dei reati di falso ideologico e di contrabbando aggravato, nonché degli eventuali reati tributari di cui al dlgs n. 74/2000. Lo ricorda l’Agenzia delle dogane e dei monopoli in una nota di servizio del 19 agosto scorso, indirizzata agli uffici dell’amministrazione, avente a oggetto le metodologie di controllo delle dichiarazioni d’intento rilasciate dagli esportatori abituali ai loro fornitori e agli uffici doganali per acquistare e importare beni e servizi senza il pagamento dell’Iva. L’aggiornamento delle istruzioni in materia, spiega l’Agenzia, si è reso necessario a seguito delle recenti modifiche normative introdotte dal dlgs n. 175/2014, con le quali è stato previsto l’obbligo degli esportatori abituali di trasmettere preventivamente per via telematica le dichiarazioni d’intento all’Agenzia delle entrate. Le nuove disposizioni hanno inoltre dispensato gli esportatori dalla consegna dell’esemplare cartaceo delle dichiarazioni d’intento agli uffici doganali, determinando la possibilità di utilizzare un’unica dichiarazione per più operazioni di importazioni. Nel novellato quadro di riferimento, rimangono comunque invariate le attività di controllo, non soltanto in merito alla corretta compilazione delle dichiarazioni d’intento, ma anche in merito alla titolarità del diritto vantato dall’esportatore abituale e della conseguente possibilità di dare corso all’importazione senza il pagamento dell’Iva all’ufficio doganale. In particolare, il sistema informativo potrebbe segnalare due situazioni potenzialmente a rischio, meritevoli di controllo al fine di individuare le dichiarazioni d’intento false. La prima è il mancato riconoscimento del soggetto da parte del sistema doganale, che non è in possesso di alcuna informazione sull’operatore. La seconda, analoga negli effetti, è quella in cui il sistema, pur conoscendo il soggetto, non ha in memoria operazioni valide per la costituzione del diritto ad acquistare e importare senza pagamento dell’Iva, ossia precedenti dichiarazioni di esportazione o dichiarazioni intrastat per cessioni intracomunitarie.

Gianluca Rossi – 01 settembre 2015 – tratto da Italia Oggi

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