La società che versa in uno stato di crisi non rientra nella disciplina delle società di comodo, risultando piuttosto un’entità non temporaneamente in grado di svolgere la propria attività caratteristica. È il principio espresso dalla Corte di cassazione, con sentenza depositata ieri. Una società impugnava una cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis, dpr 600/1973, a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione per l’importo complessivo di € 239.169,73. Il ricorso veniva accolto nel primo grado di giudizio e il giudice dell’appello confermava la sentenza impugnata. L’Agenzia delle entrate ricorreva in Cassazione. La Corte di cassazione, non esprimendosi sul punto, si limitava ad affermare come l’ufficio non avendo preso posizione con riguardo all’asserzione secondo cui, considerata la natura della società, che risultava essere un’impresa industriale in stato di crisi, la stessa doveva ritenersi non assoggettabile alla disciplina delle società di comodo, di fatto avvalorava la tesi di controparte. I Massimi giudici precisavano come la cartella esattoriale poteva essere impugnata non solo per vizi nei confronti del dichiarante.

V.Guarini/G.Cataldi - 22 giugno 2016 – tratto da Italia Oggi

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