Diritto ai permessi retribuiti dal lavoro anche per assistere il convivente portatore di handicap. Non solo per il coniuge o gli stretti parenti. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 231, depositata il 23 settembre 2016, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado.
La norma bocciata, in effetti, concede il diritto a permessi retribuiti al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, o entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. La disposizione, dunque, non include il convivente more uxorio tra i soggetti beneficiari dei permessi di assistenza al portatore di handicap in situazione di gravità.

Antonio Ciccia Messina – 24 settembre 2016 – tratto da Italia Oggi

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