La rottamazione dei ruoli è partita. Introdotta con il Dl 193/2016 e idealmente destinata ad accompagnare l’altra “rottamazione”, quella di Equitalia, che dovrà diventare «agenzia delle Entrate-Riscossione», fin da subito è sembrata una misura anomala, inconsueta. Non perché siano anomale le misure di condono (chiamiamo le cose con il loro nome), ma perché qui non è mai stato chiaro esattamente quale volesse essere l’obiettivo della misura condonale: la “pulizia” dei ruoli, il gettito, la decongestione del contenzioso. La disciplina introdotta, infatti, non sembra interessata a perseguire nessuno di questi obiettivi: certo, dei risultati vi saranno, ma saranno comunque più scarsi di quelli che vi potevano (e vi potrebbero essere), semplicemente con regole leggermente differenti. Così, innanzitutto, per la pulitura dei ruoli.

Oggetto di rottamazione sono solamente le partite, i ruoli, affidate a Equitalia dall’anno 2000 al 31 dicembre 2016 (peraltro, in origine, la data finale era il 31 dicembre 2015). Ebbene, se l’obiettivo fosse stato quello di liberare Equitalia delle partite incagliate, che appesantiscono i ruoli senza che vi siano, effettivamente, concrete prospettive di esazione, non ha alcun senso aver previsto un termine iniziale (il 2000). Una volta prevista la rottamazione, questa la si poteva (potrebbe) estendere indistintamente a tutte le partite, comunque affidate alla riscossione, ed il beneficio maggiore della “pulitura” connessa alla rottamazione si avrebbe proprio per le iscrizioni più risalenti. Il gettito. Anche qui, la misura non sembra particolarmente sensibile all’obiettivo.

Il vantaggio offerto è significativo (le sanzioni e gli interessi di mora), ma siano lontani da altre soluzioni condonali del passato, assai più generose, per cui ci si aspettava che il legislatore si preoccupasse di rendere il prodotto il più fruibile possibile. Invece, ci sono mille ostacoli. Oltre al periodo finestra, c’è il problema che i carichi debbono essere stati affidati a Equitalia, per cui in mancanza di affidamento, anche volendo, non è possibile rottamare nulla. Vi è la questione dell’aggio, che viene mantenuto ma non è chiaro l’importo (basterebbe prevederne una misura fissa). Vi è la questione della rateazione consentita, che è chiaramente troppo ridotta (l’intero pagamento in poco più di un anno). Vi è il problema delle somme già oggetto di rateazione, dove si prevede che non vengano conteggiate le somme versate a titolo di sanzioni, così penalizzando i contribuenti che avevano già iniziato una procedura di rientro del debito.

Insomma, non sembra una misura pensata per fare gettito, visti gli ostacoli frapposti ai contribuenti che vorrebbero aderirvi. Il problema è che non sembra neppure concepita per deflazionare il contenzioso. La disciplina sembra scritta ipotizzando contenziosi pendenti con oggetto ruoli e come controparte Equitalia; solo così si può giustificare la previsione di un impegno a rinunciare al ricorso rivolto a Equitalia. Peccato che nella grande maggioranza dei casi, i contenziosi che possono essere interessati alla rottamazione non sono con Equitalia, ma con l’Agenzia e hanno a oggetto avvisi di accertamento e non il ruolo.

Su questo punto, però, la disciplina non offre alcuna indicazione. Non chiarisce come l’impegno a rinunciare, rivolto a Equitalia che non è parte del giudizio, possa entrare nel giudizio contro l’Agenzia; non chiarisce quale sia l’esito delle quote del debito oggetto di giudizio che, non essendo state ancora affidate, non possono essere rottamate. Qui, con ogni evidenza, sarebbe bastato (basterebbe) prevedere la possibilità per il contribuente di chiedere la rottamazione dell’intero debito a giudizio, che, se non già affidato, a seguito dell’istanza dovrebbe essere affidato in deroga anche alle regole di cui all’articolo 68 del Dlgs n. 546/92 e inoltre che, con il perfezionamento, sopravviene una causa di cessazione della materia del contendere.

Con alcuni accorgimenti, questa anomala misura di condono potrebbe insomma assumere dei caratteri un po’ più netti e una sua fisionomia più precisa. Un condono non è mai una soluzione, in quanto intrinsecamente iniquo, ma l’odiosità dello stesso può essere tollerata quando offre comunque delle ragioni per la sua adozione, che rispondono a criteri razionali. Ebbene, al momento la rottamazione dei ruoli queste ragioni non sembra offrirle. Ecco perché quello che sarebbe opportuno oggi non è tanto un intervento di prassi (da parte di chi, poi?), ma del legislatore, che completasse la disciplina, in modo da rendere chiara la strategia sottesa all’intervento, ossia per offrirne una giustificazione in almeno uno (possibilmente tutti) degli scenari tracciati.

Andrea Carinci - 12 gennaio 2017 – tratto da sole24ore.com

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