Introdotta dal decreto fiscale (articolo 6, Dl n. 193/2016, convertito con modificazioni nella legge n. 225/2016), la definizione agevolata riguarda icarichi affidati a Equitalia a partire dal 2000 e sino al 31 dicembre 2016.

Il vantaggio di questa definizione consiste nell’azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora. La domanda, che va redatta sui modelli messi a disposizione da Equitalia, deve essere presentata entro la fine di marzo. Il pagamento del dovuto si effettua in un massimo di 5 rate, in scadenza a luglio, settembre e novembre 2017, nonché a aprile e settembre 2018. Molto rigorosa è la disciplina della decadenza dai benefici di legge.

È infatti sufficiente versare con un ritardo di un solo giorno una qualsiasi delle rate dovute perché si ripristini il carico originario, riprendano le azioni esecutive di Equitalia e il debito residuo non possa più essere dilazionato.

Allo stato sono molti i dubbi interpretativi che richiederebbero un chiarimento ufficiale, tanto più urgente in vista della prossima scadenza di legge. Di seguito, se ne ricordano i principali.

1) Quando si intende perfezionata la domanda?

Considerate le pesanti conseguenze che derivano dalla decadenza dalla rottamazione, è necessario che il debitore sia consapevole del costo esatto di questa. Alla data di presentazione della domanda ciò non accade, poiché non vi è alcun riscontro immediato alla stessa. Equitalia risponde infatti con una comunicazione che viene inviata entro il 31 maggio prossimo. Solo in tale comunicazione sono riportati gli importi da versare nelle singole rate scelte dal debitore. Se dunque l’interessato si accorge solo in questa occasione che la spesa complessiva supera la cifra preventivata egli deve poter revocare l’istanza di definizione. A tale riguardo, potrebbe essere valorizzata la previsione di cui all’articolo 6, comma 8, lettera c), Dl n. 193/2016, a mente della quale con il pagamento della prima o unica rata la dilazione precedente viene meno ope legis . Ne dovrebbe conseguire che sino a tale evento (pagamento della prima o unica rata), il debitore può cambiare idea e ritrattare l’istanza, non pagando la prima rata e ripristinando la dilazione precedente. Su questo punto, probabilmente decisivo ai fini del successo dell'iniziativa, è tuttavia necessaria una conferma ufficiale. 

2) Quali sono gli effetti della domanda sui pignoramenti in corso?

La presentazione dell’istanza comporta il divieto di iniziare nuove attività esecutive. Quelle già in corso si fermano, fatte salve le eccezioni di legge. Tra queste, si segnala il caso dell’avvenuta notifica del pignoramento presso terzi a seguito della quale il terzo si è dichiarato debitore del soggetto iscritto a ruolo. In tale eventualità, secondo Equitalia, il pignoramento prosegue e le somme introitate sono imputate a scomputo di quanto dovuto per la rottamazione. Il punto è però che se gli importi pignorati coprono il debito originario, si rende di fatto inefficace la domanda. Per questo motivo è necessario capire cosa accade se il pignoramento riguarda anche importi non ancora maturati (ad esenmpio, quote stipendiali o canoni di locazione). Si ritiene che, limitatamente alle somme di futura maturazione, l’istanza dovrebbe fermare le trattenute, ma occorre una conferma ufficiale.

3) Qual è l’impatto della rottamazione sulle dilazioni in essere?

Il debitore può definire anche solo una parte del debito complessivo. Ipotizzando che sia in corso una rateazione e che di questa si desideri rottamare una quota, va chiarito come viene rimodulata la rateazione per il carico residuo.

Luigi Lovecchio - 20 gennaio 2017 – tratto da sole24ore.com

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