Le comunicazioni Iva, relative a tutte le fatture ed alle liquidazioni periodiche, sono il nuovo adempimento maggiormente rilevante per tutti i contribuenti, e si prospetta con costi significativi per gli studi professionali, che ben difficilmente potranno trasferire sulla clientela. Questo aggravio di obblighi amministrativi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso verso l’imminente sciopero dei commercialisti.

1) Il rebus sulle fatturine

L’anno 2017 è già iniziato: i contribuenti e i loro consulenti non sanno ancora cosa fare. Prendiamo il caso numericamente molto ricorrente: le “fatturine” da 10 euro, Iva inclusa per il pranzo di lavoro. Dipendenti e titolari di partita Iva hanno in tasca il timbro con gli estremi identificativi della ditta o dello studio professionale. Ci sarà un esonero per queste formalità bagatellari o si dovrà procedere all’apertura di schede anagrafiche per la memorizzazione dei dati di clienti che spesso sono di passaggio e torneranno in modo occasionale?

2) Obbligo o facoltà? 

L’altro elemento di incertezza, per non dire di confusione, riguarda l’inquadramento della trasmissione telematica dei dati di tutte le fatture, con un contenuto identico sia nelle disposizioni per obbligo del Dl 193/2016 che in quelle per opzione del Dlgs 127/2015, che danno diritto a significativi vantaggi sia per l’immediatezza dei rimborsi Iva sia per la riduzione di due anni del termine di accertamento. Vero è che il regime opzionale postula anche il collegamento telematico dei registratori di cassa, ma è altrettanto vero che la maggior parte dei titolari di partita Iva non deve tenere il registro dei corrispettivi, e quindi si trova con un solo adempimento (a propria scelta?) sia obbligatorio che per opzione.
Pensando a questo nuovo rilevante onere viene in mente il trattato dell’Unione europea, che fissa per l’azione amministrativa il principio di proporzionalità: l’adempimento richiesto al cittadino non deve andare oltre quanto strettamente necessario per raggiungere lo scopo, che nel caso di specie è quello di ridurre l'evasione dell’Iva.
A questo proposito la prima riflessione riguarda la non trascurabile massa di soggetti che opera “in nero”, sia totalmente che parzialmente. Questi soggetti non saranno certo scoperti con l'incrocio della fattura attiva con quella portata in detrazione: se non c’è la prima non c'è nemmeno la registrazione dell’acquisto da parte del cliente soggetto di imposta, per non parlare delle cessioni e prestazioni ai privati.

3) Gli esoneri e le operazioni verso privati 

Sulla base di questi principi, non è solo la fatturina del pasto di lavoro che non ha alcun senso trasmettere, ma molte altre che erano escluse in passato, come quella pagate dai privati con carta di debito o di credito, piuttosto che le fatture trasmesse al sistema tessera sanitaria dagli operatori del settore. 
E per concludere occorre la conferma che non esiste più alcun adempimento per le operazioni al dettaglio verso i privati sino a 3.600 euro più Iva: la nuova norma non ne parla e l’agenzia delle Entrate, che è titolare di ampi poteri di richiesta delle comunicazioni che ritiene fiscalmente rilevanti, deve confermare che questo obbligo non sarà più richiesto.

23 gennaio 2017 – tratto da sole24ore.com

Altre notizie