Una volta completato l’iter per l’implementazione dell’Ape volontario, lavoratori e aziende potranno contare su un ulteriore strumento di accompagnamento alla pensione, cioè l’Ape aziendale, che di quello volontario costituisce una variante.
L’anticipo finanziario a garanzia pensionistica prevede l’erogazione di un assegno ponte per un periodo massimo di 43 mesi antecedente la maturazione del diritto alla pensione. L’importo deve poi essere restituito a rate nei primi venti anni di pensionamento, con trattenuta sull’assegno previdenziale.
Ebbene, a fronte di un accordo tra datore di lavoro (oppure un ente bilaterale o un fondo di solidarietà) e dipendente, il primo può versare dei contributi aggiuntivi a vantaggio del lavoratore che richiede l’Ape volontario. Tali somme determinano un incremento del montante contributivo e di conseguenza della futura pensione. In questo modo l’impresa può compensare in tutto o in parte il peso della rata che graverà sulla pensione, incentivando quindi l’uscita del dipendente dall’organico aziendale.
Dal punto di vista procedurale, il lavoratore dovrà indicare se ha sottoscritto l’accordo per l’Ape aziendale in occasione della presentazione della domanda di pensione di vecchiaia, che deve essere fatta contestualmente a quella per l’anticipo volontario.
Nel recente passato sono state messe a punto più di un’opzione per favorire l’uscita anticipata o parziale dal mondo del lavoro di persone prossime alla pensione, ma non hanno avuto successo. Tra quelli ancora disponibili l’isopensione, introdotta nel 2012, è quella che garantisce le condizioni economicamente migliori al lavoratore ma al contempo è molto onerosa per le aziende perché tutto il costo grava su di esse, tant’è che è stata utilizzata solo da alcune di grandi dimensioni.
L’Ape aziendale potrebbe incontrare maggior successo, dato che comporta un costo minore, e comunque modulabile, a carico del datore di lavoro.
Matteo Prioschi/Fabio Venanzi - 19 ottobre 2017 – tratto da sole24ore.com