Commette reato il titolare di un bar che - autonomamente, o per mano dei propri dipendenti - somministri bevande alcoliche a minori di sedici anni. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 3028, depositata il 23 gennaio.
Il reato compiuto è, per l’appunto, quello previsto dall'articolo 689 del Codice penale: somministrazione di bevande alcoliche a minori o infermi di mente. 
I giudici della Suprema Corte hanno preso in esame un caso avvenuto a Trieste dove, lo scorso luglio, il titolare di un pub è stato assolto dal giudice di pace dall'accusa di cui sopra. 

Contro tale assoluzione ha proposto ricorso il procuratore della Repubblica, che ha citato ben sei testimonianze convergenti nel testimoniare la presenza del ragazzo (e di altri minori) all'interno del locale, impegnato nella consumazione di un whisky.

Diversamente, il giudice di pace aveva dato risalto alle testimonianze di coloro che sostenevano di aver visto il ragazzo acquistare superalcolici all'interno di un supermercato: secondo la sua versione, dunque, il pub dell'imputato sarebbe stato soltanto il luogo del malore e non dell'acquisto delle bevande.

Non concordano con questa versione i giudici della Suprema Corte: la cui sentenza è tranchant.

«Sussiste a carico del titolare di un bar la responsabilità di cui all'articolo 689 del Codice penale, ancorchè la somministrazione di bevande alcoliche a minori di anni sedici sia stata effettuata dai suoi dipendenti, stante la natura di reato di pericolo della contravvenzione in questione, che impone l'obbligo della diligenza, nell'accertamento dell'età del consumatore, innanzitutto al soggetto che gestisce l'esercizio commerciale di vendita di bevande alcoliche».

Diligenza, dunque, è la parola chiave, secondo i giudici. La giurisprudenza, infatti, è unanime nel conferire all'esercente un ruolo di garanzia a tutela degli interessi diffusi, «in virtù della quale egli deve vigilare affinchè i propri dipendenti svolgano diligentemente i loro compiti ed osservino scrupolosamente le indicazioni impartite in ordine all'accertamento dell'effettiva età del consumatore».

In questo caso, inoltre, la contravvenzione ha natura di reato di pericolo e richiede - pertanto - la necessaria diligenza nell'accertamento dell'età del consumatore.

Silvia Marzialetti - 24 gennaio 2018 – tratto da sole24ore.com

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