Nel concordato, sia liquidatorio sia in continuità aziendale, ferme restando le garanzie procedurali, è possibile il pagamento parziale dell'Iva, con conseguente degradazione a chirografo della parte di credito non soddisfatta. Non si tratta, infatti, di una rinuncia generale e indiscriminata del credito vantato e, quindi, lo stralcio resta possibile non ponendosi in contrasto con la disciplina comunitaria.

Con la circolare 16/E di ieri, l'Agenzia delle entrate ha analizzato il trattamento dei crediti tributari e contributivi, a partire dall'1/1/2017, con riferimento alle disposizioni contenute nell'art. 182-ter, del regio decreto 267/1942 (legge fallimentare), all'indomani delle modifiche introdotte dal comma 81, dell'art. 1, legge 232/2016 (legge di Bilancio 2017) e di taluni più recenti indirizzi giurisprudenziali.

Innanzitutto, il documento di prassi in commento ha precisato che dopo la recente sentenza della Corte di giustizia del 7/04/2016 (causa C-546/14) la situazione è radicalmente mutata, rispetto agli indirizzi più recenti della giurisprudenza, anche domestica (Cassazione, sentenze nn. 22931 e 22932 del 2011), i quali avevano ribadito la non falcidiabilità dell'Iva, nel rispetto della natura comunitaria del tributo, ancorché fosse riconosciuta la possibilità di rideterminazione dei debiti tributari, nell'ambito del concordato preventivo non accompagnato da istanza per transazione fiscale.

Sul punto l'Agenzia delle entrate prende atto dell'indirizzo sovranazionale e ritiene che il pagamento parziale del debito Iva non si ponga in contrasto con il divieto generale di rinuncia generale e indiscriminata dell'Iva, purché siano rispettate le condizioni richieste dal comma 2, dell'art. 160 l.fall.; la soddisfazione del credito Iva non deve risultare, però, inferiore a quello che sarebbe realizzabile dalla liquidazione dei beni sui quali grava il diritto di prelazione, attestata da una relazione giurata, e deve essere garantito il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione e, quindi, la par condicio creditorum. L'ostacolo a una diversa lettura e applicazione, come detto, è stato rimosso dal citato comma 1, dell'art. 1 della legge di Bilancio 2017 che ha disposto la possibilità di falcidiare tutti i debiti tributari, compresi quelli dell'Iva, nell'ambito delle procedure di concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, di cui all'art. 182-bis l.fall., collocandosi, tale aggiornamento, nel più ampio ambito della riforma della legge fallimentare, introdotta con il dlgs 5/2006. L'Agenzia delle entrate, inoltre, precisa che i principi appena enunciati dalla Corte di giustizia Ue, superano, sebbene non integralmente, gli indirizzi di prassi precedenti (circ. 40/E/2008 e 19/E/2015), essendo ora consentita legittima la falcidia dell'Iva contenuta nelle domande di concordato preventivo, non accompagnato da istanza per transazione fiscale, ma limitatamente alle procedure non ancora votate all'1/1/2017, data di entrata in vigore della legge 232/2016. Con riferimento specifico al trattamento delle ritenute devono, altresì, ritenersi superati gli indirizzi giurisprudenziali sanciti dalla Suprema corte (Cassazione, sentenza n. 1337/2017), con riguardo alle procedure di concordato preventivo, la cui proposta non sia stata votata all'1/1/2017.

Nell'ambito del concordato preventivo è stato precisato che se i crediti fiscali delle agenzie fiscali o degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie sono assistiti da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono risultare inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno credito di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei. Il documento interviene anche sui crediti per tributi oggetto di contenzioso e precisa che il trattamento deve essere riferibile all'ammontare risultante dalla pronuncia che definisce il giudizio, con la possibilità di richiedere, a cura dell'amministrazione finanziaria, l'accantonamento di un importo pari alla percentuale di soddisfacimento del credito contestato, tenendo conto delle ulteriori modifiche, di cui al dl 83/2015 ovvero del trattamento prioritario delle citate controversie, ai sensi del comma 4, art. 43, richiamato dal comma 2, dell'art. 169 l.fall. Per i crediti contestati, invece, nell'ambito degli accordi di ristrutturazione, l'Agenzia delle entrate ha precisato che, in assenza di una specifica disciplina processuale, in seguito all'eliminazione della previgente disposizione inserita nel comma 5, del citato art. 182-ter l.fall., sulla cessata materia del contendere, si deve fare riferimento ai criteri generali dettati in materia processuale sul tema, tenendo conto che, in caso di risoluzione dell'accordo, ai sensi del successivo comma 6, si determina la reviviscenza dell'originaria pretesa tributaria.

Fabrizio G. Poggiani - 24 luglio 2018 – tratto da Italia Oggi

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