I controlli sulla velocità media in autostrada stanno riprendendo. Ma solo in parte e con cautela: la Polizia stradale ha annunciato la ripresa, avvenuta venerdì scorso solo su 22 tratte, senza sbilanciarsi. Né sul ripristino dei controlli nell’estensione che avevano fino ad aprile (inizialmente annunciato per i primi di maggio), né sulle reali prestazioni del Sicve-PM, il nuovo sistema di Autostrade per l’Italia (Aspi) che sta sostituendo il Tutor originario (il cui nome ufficiale è Sicve), spento dopo la sentenza della Corte d’appello di Roma che, il 10 aprile scorso, lo ha dichiarato frutto di un brevetto contraffatto.

La cautela potrebbe essere dovuta non solo alle tempistiche per la sostituzione degli oltre 300 portali Tutor, ma anche a problemi del nuovo sistema. Innanzitutto legali: oggi dovrebbe essere depositata alla Procura di Roma una richiesta di sequestro del nuovo sistema, sempre per questioni legate ai brevetti. Il Sicve-PM potrebbe avere anche limiti tecnici di funzionamento.

Aldilà di questi limiti, le 22 tratte attualmente coperte sono molte meno di quelle precedenti. Per tratta s’intende la distanza tra un portale posto un paio di chilometri prima di un’uscita autostradale e quello seguente, che normalmente si trova prima dello svincolo successivo. Quindi, ogni tratta può essere lunga dai cinque ai 30 chilometri, distanza normalmente esistente tra due svincoli successivi.

Le differenze di copertura

Il Sicve, essendo installato su oltre 300 postazioni, sorvegliava una pluralità di tratte contigue. Tanto che sull’A1, per esempio, chi partiva da Milano era controllato pressoché sempre fino a Bologna e poi da Orte fino a Napoli. Il Sicve-PM, invece, per ora è installato in tratte contigue solo in pochi casi, per non “bruciare” in una sola zona una quota consistente dei pochi portali a disposizione.

La copertura precedente sarà ripristinata se il Sicve-PM sarà montato sugli altri portali ex-Sicve. La Polizia ha annunciatoun’estensione, teoricamente facile: basta attendere il tempo necessario per produrre e installare così tanti apparecchi e, ovviamente, un investimento da parte di Autostrade per l’Italia. Ma non è detto che ciò basti: c’è il rischio che anche così il nuovo sistema possa essere utilizzato in contemporanea solo su un numero di tratte limitato. Il motivo sta nei dubbi sullo schema di funzionamento del Sicve-PM.

Il funzionamento

Per differenziarsi dal Sicve, e quindi cercare di superare il problema della contraffazione del brevetto, il Sicve-PM riconosce i veicoli in transito con un sistema diverso. In pratica, prima ci si affidava alla lettura automatica del numero di targa, ora alla registrazione dell’intera immagine del veicolo. Un metodo più preciso, come dichiarato ufficialmente. Ma che, verosimilmente, richiede una maggior capacità di trasmissione dati.

Inoltre, secondo informazioni che la Polizia non ha confermato né smentito, il Sicve-PM ha un sistema di elaborazione locale dei dati (software installato sul singolo portale) che non li seleziona. I dati, dunque, dovrebbero finire all’elaboratore centrale del sistema, che dovrebbe essere così potente da gestire i flussi provenienti da oltre 300 postazioni, sotto ciascuna delle quali, nei momenti di picco, possono transitare anche più di seimila veicoli all’ora.

A fronte di questa richiesta di prestazioni, per ora non facili da raggiungere, non è improbabile che si riescano a mantenere attive contemporaneamente solo poche decine di postazioni (a rotazione, per dare comunque l’impressione che i controlli si svolgano dappertutto). In ogni caso, per chi guida cambia poco: quando si transita in corrispondenza di una postazione, non c’è alcun modo di distinguere se questa è attiva o no.

I brevetti

Resta poi in piedi anche la vicenda dei brevetti: ad oggi il Sicve-PM può essere normalmente usato per accertare infrazioni, perché è omologato (in gergo tecnico si dice che ha l’approvazione del ministero delle Infrastrutture), ma si rischia un altro contenzioso. La richiesta di sequestro da parte dei titolari del brevetto Tutor è stata preceduta da quella di revoca dell’approvazione, perché le innovazioni del Sicve-PM non basterebbero a configurare un sistema diverso: è stato dichiarato che sono a loro volta brevettate, ma non sarebbero innovative rispetto alle tecnologie note all’epoca (1999) in cui fu registrato il brevetto su cui si basa il Tutor.

Nel luglio 2004, in uno studio sulla proprietà industriale curat0 con l’Istituto per la promozione industriale, l’Ufficio italiano brevetti e marchi dell’allora ministero delle Attività produttive scrisse che «anche quando gli elementi essenziali della seconda invenzione non siano identici, si può parlare di contraffazione per equivalenti se l’idea inventiva fondamentale posta a base del primo trovato sia presente anche nella realizzazione inventiva successiva». Un principio che è alla base anche delle sentenze della Corte d’appello di Roma (2275/2018) e della Cassazione (22563/2015) , che hanno portato a giudicare contraffatto il Sicve. Ora il ministero ha chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato.

Le eccezioni

Tutto ciò vale solo per i sistemi in uso alla Polizia stradale (su autostrade e brevi tratti delle statali Aurelia, Domiziana, Romea e Sorrentina), mentre non si sa come si comporteranno le poche polizie locali che hanno il Tutor.

Nulla è mai cambiato, invece, per le polizie locali che hanno sistemi di controllo della velocità media diversi dal Tutor, finora rimasti fuori da ogni contenzioso.

Maurizio Caprino - 30 luglio 2018 – tratto da sole24ore.com

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