Adesso si può dire davvero: quando si porta un veicolo a revisione, viene verificato anche il suo chilometraggio. Un modo per contrastare il diffuso fenomeno dello “scarico” del contachilometri da parte di chi rivende il mezzo. La scorsa primavera se ne era molto parlato, ma in realtà il sistema era inattendibile. Con la circolare 26868 del 30 ottobre, invece, la Motorizzazione ha indicato quale metodo seguire per rendere effettivamente significativo il dato rilevato dall’ispettore che effettua la revisione.

Infatti, il problema dell’inattendibilità del dato esiste fin da quando si è iniziato ad annotarlo. Cioè nemmeno dal 20 maggio 2018 come molti hanno potuto leggere in molte notizie errate (nelle quali si collegava la lettura del contachilometri all’entrata in vigore del Dm Trasporti del 19 maggio 2017), ma fin dal 2010. La circolare del 30 ottobre definisce «una mera sperimentazione» le rilevazioni effettuate da allora fino al 20 maggio 2018.

Dunque, ora “si fa sul serio”. Coinvolgendo il proprietario del veicolo nella rilevazione: «All’atto della consegna della carta di circolazione - recita la circolare - l’ispettore (nome che dal 20 maggio ha assunto il tecnico che effettua la revisione, ndr) dovrà evidenziare all’utente il dato chilometrico rilevato e farlo controfirmare per accettazione sulla domanda di revisione». Se il mezzo viene portato al test da un soggetto diverso dal proprietario, dal 19 novembre prossimo quest’ultimo dovrà delegare tale soggetto a controfirmare per lui, allegando fotocopia di un proprio documento d’identità.

Questo appare l’unico modo praticabile per risolvere il problema che finora ha reso inattendibili i dati: il fatto che il revisore ometta del tutto la rilevazione o inserisca una cifra palesemente incongrua, per timore di inserirne una esatta solo all’apparenza. Infatti, il rischio è di trovarsi di fronte a un numero di chilometri alterato prima di presentarsi alla revisione. In questo caso, l’ispettore che trascrivesse il numero che legge sul contachilometri darebbe una certificazione a un dato falso.

Il problema è stato sollevato da tempo dalle associazioni di categoria e ora la Motorizzazione gioca la carta della responsabilizzazione del proprietario. Che però non è ancora la soluzione definitiva, perché comunque non solleva l’ispettore dalle sue responsabilità.

Andrà meglio a regime, cioè in sostanza nel 2020. Sarà allora che potrà scattare l’altro obbligo previsto dalla circolare del 30 ottobre: prima di immettere il dato nel sistema informatico, l’ispettore dovrà confrontarlo con quello riportato nell’attestato della revisione precedente, per verificare se appare congruo. Dunque, diventerà impossibile superare il test se il contachilometri segnerà un dato inferiore al precedente e l’ispettore potrà chiedere conto direttamente al proprietario di eventuali altre anomalie (come un dato solo di poco superiore al precedente). La circolare precisa che sarà il proprietario a dover giustificare tutto, «essendo l’unico responsabile della corretta tenuta del contachilometri». Ciò conferma che l’ispettore non ha responsabilità, quantomeno se chiede conto delle anomalie che riscontra.

L’attestato è il documento introdotto proprio dal Dm 214 del 19 maggio 2017, per cui rientra nel nuovo regime delle revisioni in vigore dal 20 maggio 2018. Dunque, i confronti inizieranno a essere possibili quando i mezzi revisionati a partire da quella data dovranno essere risottoposti al controllo (ossia nel 2020 per auto e moto, l’anno prossimo per mezzi pesanti e taxi).

In caso di sostituzione o riparazione del contachilometri, il proprietario dovrà presentare una dichiarazione di installazione a regola d’arte emessa dall’officina che ha effettuato l’intervento, che vi dovrà riportare il chilometraggio segnato dallo strumento al momento in cui il lavoro è stato eseguito.

Maurizio Caprino - 1 novembre 2018 – tratto da sole24ore.com

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