Le ferie? Meglio fruirle se lo chiede l'azienda. Perché, in tal caso, una volta cessato il rapporto, non si avrebbe diritto alla relativa indennità sostitutiva. Lo stabilisce la Corte di giustizia Ue in due sentenze di ieri (causa C-619/16 e C-684/16) dichiarando che il diritto alle ferie, anche in relazione al periodo minimo legale (pari a quattro settimane), si estingue quando le ferie non siano state fruite per volontà del lavoratore, nonostante sia stato invitato a farlo dal datore di lavoro (escamotage spesso utilizzato dai lavoratori per gonfiare l'ultima busta paga). Con altra sentenza (causa C-596/16), la stessa Corte ribadisce il principio per cui il diritto all'indennità per ferie non godute non si estingue se il lavoratore passato a miglior vita, ma si trasmette agli eredi.

La vicenda. Riguarda un lavoratore tedesco al quale, al termine del rapporto di lavoro, viene rigettata la richiesta di liquidazione dell'indennità di ferie non godute. Il diniego è motivato dal fatto che, circa due mesi prima della fine del rapporto, il datore di lavoro aveva invitato il lavoratore a fruire della rimanenza di ferie, senza costringerlo a osservare date prefissate. Il lavoratore per sue ragioni, però, prende soltanto due giorni di tutto il periodo di ferie maturato. Il periodo in questione è quello cd minimo-legale, pari a quattro settimane annue, che non può mai essere monetizzato se non in caso di fine rapporto lavoro. Poiché non gli ripaga le ferie non fruite, il lavoratore fa causa all'azienda. I giudici, a loro volta, si rivolgono alla Corte di giustizia Ue per sapere se sia lecito, per la normativa europea, la perdita del diritto alle ferie annuali non fruite e la perdita dell'indennità sostitutiva per le ferie non godute quando il lavoratore non abbia formulato richiesta di fruizione prima della cessazione del rapporto di lavoro.

Addio ferie. Con le due sentenze di ieri la Corte di giustizia dichiara che, in base alla normativa Ue, il diritto alle ferie, irrinunciabile e mai monetizzabile se non a fine rapporto, può estinguersi soltanto se il lavoratore sia stato posto dal datore di lavoro, con informazione adeguata, in condizione di fruirne in tempo utile, cioè prima della fine del rapporto. Quindi, quando il datore di lavoro è in grado di fornire prova che il lavoratore, deliberatamente e con piena consapevolezza, si è astenuto dal fruire le proprie ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo questo suo diritto, le norme Ue non sono contrarie alla perdita di tale diritto e neppure, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla perdita del correlato diritto a un'indennità sostitutiva (per le ferie non godute). Secondo la Corte, infatti, è del tutto incompatibile con l'istituto delle ferie qualunque interpretazione del diritto Ue che sia tale da incentivare il lavoratore ad astenersi deliberatamente dal fruire le proprie ferie annuali al fine d'incrementare la propria retribuzione all'atto della cessazione del rapporto. Perché obiettivo delle ferie è quello di garantire al lavoratore il beneficio di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute. La Corte precisa, ancora, che i principi si applicano sia in caso di occupazione nel settore pubblico sia in quello privato.

Diritto in eredità. Con la sentenza alla causa C-596/16, infine, la Corte ribadisce che il decesso di un lavoratore non estingue il suo diritto alle ferie; pertanto gli eredi possono chiedere l'indennità sostitutiva per le ferie non godute.

Daniele Circoli - 07 novembre 2018 – tratto da Italia Oggi

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