Il decreto sicurezza, convertito in legge mercoledì scorso, estende agli affitti brevi l’obbligo di comunicare alla Questura le informazioni sulle persone alloggiate. La disposizione può suonare pleonastica a molti locatori, già abituati a chiedere e trasmettere i documenti d’identità dei propri inquilini. Ma serve a mettere nero su bianco un vincolo in un certo senso “sospeso”, che negli ultimi anni era rimasto nel limbo normativo e aveva fatto perno su circolari ministeriali e (frammentate) regole o prassi locali.

Dunque, gli stessi obblighi già previsti dall’articolo 109 del Tulps per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, «nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere», valgono ora anche per chi affitta (o subaffitta)«immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni». Così recita l’«interpretazione autentica» contenuta nell’emendamento al recente Dl 113/2018 e che sarà operativa all’entrata in vigore della legge di conversione.

Come fare la comunicazione
Entro le 24 ore successive all’arrivo – o immediatamente per soggiorni inferiori alle 24 ore – le generalità degli ospiti dovranno essere comunicate attraverso il sito «Alloggiati Web» della Polizia di Stato, lo stesso utilizzato dai gestori delle strutture ricettive.

«La modulistica deve però essere adattata al nuovo perimetro delle locazioni – commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa– e vanno semplificate e uniformate le modalità di accesso al servizio, le diverse procedure degli uffici territoriali». Per l’operazione di invio delle “schedine alloggiati”, che è semplice e richiede pochi minuti, occorrono infatti le credenziali. E l’iter di abilitazione (di persona, via posta, email o Pec) cambia da provincia a provincia.

Anche chi affitta o subaffitta una stanza di casa, per una sola notte, è quindi tenuto a comunicare online i dati dell’inquilino. Mentre l’eventuale sanzione resta quella prevista dall’articolo 17 del Tulps: arresto fino a tre mesi o ammenda fino a 206 euro. La pubblica sicurezza, d’altra parte, non poteva lasciare “scoperto” il settore dell’affitto breve, che prolifera da anni grazie alla spinta dei portali online e i cui contratti sono sempre più appetiti dai proprietari di seconde case, visto che con particolari caratteristiche (posizione, tipologia dell’immobile) si riesce a doppiare o triplicare il rendimento delle formule lunghe, dai 4+4 ai transitori.

Il «limbo» legislativo
Proprio perché inferiori a 30 giorni, le locazioni brevi non devono per forza registrarsi all’agenzia delle Entrate. E quindi si differenziano dalle altre tipologie di affitto, superiori al mese, per le quali già il Dl 59 del 1978 aveva previsto «l’obbligo di comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalle consegna dell’immobile».

Erano i mesi del rapimento di Aldo Moro e il decreto, pensato per contrastare l’uso degli appartamenti come covi dei terroristi, fu convertito dalla legge 191/78 (la cosiddetta legge Moro) dopo la morte del presidente Dc. Nel 2012 si è poi deciso che quell’obbligo di comunicazione venisse assorbito dalla registrazione dei contratti di locazione e di comodato «soggetti a registrazione in termine fisso» (Dl 79/2012). E a sanare il “buco” sugli affitti brevi ci hanno invece provato una circolare del ministero dell’Interno (26 giugno 2015) e il Dl 10/2016: la prima affermando l’estensione degli obblighi dell’articolo 109 del Tulps e la seconda gli effetti della legge Moro.

«Ma la circolare non ha certo la forza di una legge, mentre il Dl del 2016 non ha mai visto attuazione – spiega Alessandro Leder, responsabile del progetto Solo Affitti Brevi –. Le Regioni hanno continuato a muoversi in ordine sparso, definendo in ambito turistico i requisiti di imprenditorialità degli operatori, con adempimenti a cascata. E anche alcuni Comuni sono intervenuti prescrivendo comunicazioni e metodi di sorveglianza. Di fatto, il decreto sicurezza copre una falla nelle regole e dà finalmente certezza ai locatori».

Un chiarimento valutato con favore anche da Airbnb. «Gli alloggi che intermediamo sono case vacanze, B&B e anche boutique hotel, non solo appartamenti – dice Mauro Turcatti, pubblic affairs manager dell’azienda –. La legge sancisce finalmente un principio da tempo affermato e che Airbnb ha sempre seguito, ricordando ai propri host di registrare gli ospiti: nessuna Questura potrà più negare ai locatori, come accaduto, le credenziali del portale Alloggiati».

Dario Aquaro - 4 dicembre 2018 – tratto da sole24ore.com

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