Pagamenti elettronici e cashback si candidano a diventare le nuove variabili dell’Iva. Mentre sembra tramontare l’ipotesi di aumento selettivo per alcune categorie di beni e servizi, come dichiarato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel cantiere della manovra si rafforza il tentativo di spingere sull’acceleratore per l’utilizzo di moneta elettronica e altri sistemi alternativi al contante.

Incentivi e disincentivi passeranno rispettivamente per riduzioni e incrementi del carico Iva a seconda di come si deciderà di pagare alla cassa. Sono almeno tre gli scenari possibili su cui è aperto il confronto. Tra questi c’è una sorta di “bonus-malus”. In pratica, per alcune tipologie di prodotti e di servizi in settori ritenuti ad alto rischio di evasione l’ipotesi al vaglio dei tecnici di Via XX settembre sarebbe quella di incrementare di un punto percentuale l’imposta sul valore aggiunto per i pagamenti cash e ridurla di due punti percentuali per chi sceglierà una modalità alternativa e tracciabile. Secondo questo schema, con una cena al ristorante il conto saldato con banconote farà scattare l’aliquota Iva dal 10 all’11% mentre per chi si presenta con la moneta elettronica l’aliquota scenderebbe dal 10% all’8 per cento.

Discorso simile anche per chi salda il conto finale dell’albergo o per chi sostiene spese di manutenzione della casa. E per stimolare ulteriormente l’utilizzo della moneta elettronica si sta studiando un ulteriore incentivo per i consumatori: il cashback, ossia la restituzione del 2% delle transazioni con carte, bancomat o app. Una restituzione che potrebbe avvenire attraverso un credito d’imposta (quindi il canale fiscale) con un eventuale assegno per gli incapienti oppure, molto più probabilmente, con una restituzione mese per mese nell’estratto conto delle carte operato dagli istituti di credito e di intermediazione che le gestiscono. Questi soggetti recupererebbero gli importi restituiti con il meccanismo del credito d’imposta da portare in compensazione per abbattere altri debiti di natura tribuatria o contribuativa. In questo modo, «avremo un meccanismo virtuoso; il contante gira di meno e un’evasione più bassa» ha commentato ieri sempre il ministro degli Esteri Di Maio.

Per realizzare questo progetto e per evitare anche tentativi di elusione, nelle ipotesi allo studio dei tecnici c’è quella di intervenire da un lato con una riduzione delle commissioni a carico di autonomi, esercenti e commercianti che si doteranno del Pos o di altri strumenti per consentire pagamenti tracciabili. L’obiettivo in questa direzione è quello di arrivare a un protocollo con l’Abi. E come già anticipato dal sottosegretario al Mef Alessio Villarosa l’intenzione sarebbe di eliminare i costi per i pagamenti sotto i 5 euro, ridurli drasticamente per i pagamenti da 5 a 25 euro e garantire oneri contenuti per quei settori a “bassa marginalità” come, ad esempio, benzinai o edicolanti.

Di pari passo, si punterà anche a riaprire il dossier sulle sanzioni per chi non si dota o non consente i pagamenti con il Pos. L’obbligo di accettare forme di pagamento con moneta elettronica è rimasto finora senza alcuna conseguenza. Poco più di un anno fa il Consiglio di Stato ha, infatti, bocciato lo schema di regolamento del ministero dello Sviluppo economico di concerto con l’Economia che cercava di introdurre una sanzione facendo riferimento all’articolo 693 del Codice penale in base al quale chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro. Serve quindi una via d’uscita: Governo e Parlamento potrebbero trovarla rimettendo mano alla norma primaria.

A giocare un ruolo determinante nel contrasto al contante ci saranno anche gli scontrini telematici e la lotteria la cui partenza è per ora prevista dal prossimo 1° gennaio.

M.Mobili/G.Parente – 27 settembre 2019 – tratto da sole24ore.com

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