Le scelte sul regime forfettario per i professionisti non possono attendere l’entrata in vigore della manovra 2020, il 1° gennaio. Dopo l’introduzione di alcuni limiti all’ingresso e alla permanenza nel regime fiscale agevolato per chi ha compensi fino a 65mila euro (delineato nel disegno di legge di Bilancio) è già ora di pianificare il futuro. Da subito è necessario mettere in atto le possibili strategie valutando opportunità e scelte prima del nuovo anno, quando ormai i giochi saranno fatti e la propria situazione fiscale sarà definita.

È vero che il nuovo forfettario è ancora all’esame del Parlamento e potrebbe quindi subire ulteriori modifiche, ma resta il fatto che se il professionista intende entrare o rimanere in questo regime deve guardare alla situazione 2019. Questa è una significativa novità rispetto allo scorso anno, che è stato un anno “di moratoria” per la partenza rallentata del nuovo meccanismo fiscale. Tanto che le Entrate hanno reso possibile l’applicazione del forfettario anche a chi aveva cause di incompatibilità (ad esempio partecipazioni societarie) da risolvere nel corso del 2019.

Stavolta non sarà così: a determinare ingresso e permanenza nel regime agevolato della flat tax sarà la situazione “cristallizzata” del 2019. Vediamo quindi gli elementi da valutare sin d’ora.

La prima verifica riguarda l’ammontare dei compensi percepiti nell’anno. L’eventuale superamento del limite di 65mila euro nel 2019 determinerà l’uscita dal regime forfettario, o il mancato ingresso per i “professionisti ordinari”.

Deve essere fatta una stima delle possibili entrate fino a fine anno da coloro che presumono di percepire compensi per un importo che potrebbe attestarsi poco sotto o poco sopra i 65mila euro. Se si prevede di superare di poco la soglia dei compensi, la scelta da effettuare, ove possibile, sarà quella di rinviare, almeno parzialmente, l’incasso di una parte dei compensi. La scelta sarà vincente se il superamento del limite sarà dovuto a una prestazione straordinaria. Diversamente il problema si presenterà anche l’anno successivo.

Per verificare il mancato superamento della soglia di 65mila euro, non devono essere presi in considerazione gli incassi costituiti dal ribaltamento dei costi nei confronti di un altro professionista. Capita infatti che due professionisti non associati dividano lo studio. Il primo, intestatario del contratto di locazione e delle utenze, addebita periodicamente una parte del canone e una parte dei costi relativi al telefono e all’energia elettrica.

L’agenzia delle Entrate ha precisato come le somme addebitate non abbiano natura di compensi professionali e devono essere considerate in diminuzione diretta dei costi.

Secondo le circolari 58/E del 2001 e 38/E del 2010, il riaddebito non determina l’incasso di un componente positivo di reddito, bensì una riduzione di costo. Ciò in quanto la quota riaddebitata rappresenta un costo non inerente all’attività del professionista che non deve essere dichiarata a questo titolo.

Se il soggetto che riaddebita le spese applica il regime forfettario, l’importo incassato dal professionista non inciderà in diminuzione sui costi in quanto la percentuale di redditività applicabile sarà sempre quella del 78 per cento. L’incasso risulterà, quindi, completamente neutro anche ai fini della verifica del mancato superamento del limite.

Se il professionista detiene una quota di partecipazione in una società di persone, in un’associazione professionale, o in una Srl controllata, dovrà cedere la partecipazione entro la fine del 2019. Diversamente uscirà dal forfait. Al debutto è stato possibile effettuare la cessione delle partecipazioni nell’anno successivo a seguito dell’applicazione dello Statuto del contribuente.

Inoltre, il Ddl di Bilancio 2020 reintroduce due vecchie cause ostative. Se il contribuente percepisce redditi di lavoro dipendente o da collaborazione (assimilati), di importo superiore a 30mila, dall’anno successivo (ovvero dal 2020) sarà fuori dal forfait. Analoghe verifiche dovranno essere svolte a seguito della reintroduzione del limite delle retribuzioni corrisposte a dipendenti e collaboratori che non potranno superare, già dal 2019, i 20mila euro.

Nicola Forte – 19 novembre 2019 – tratto da sole24ore.com

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