Dal 2016 la possibilità di dedurre gli interessi passivi relativi a mutui ipotecari o leasing su immobili destinati alla locazione, senza sottostare alle regole di cui all’articolo 96 del del Tuir, sarà riservata esclusivamente alle società immobiliari in cui, sia a livello patrimoniale che economico, la parte prevalente è costituita proprio dalla locazione.

È questo l’effetto del comma 4 dell’articolo 4 dello schema di decreto per l’internazionalizzazione delle imprese, n. 147/2015, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di ieri . Tanto il contenuto quanto la decorrenza della nuova disposizione risultano di significativo interesse, poiché coinvolgono l’esatta applicazione dell’articolo 96 del Tuir (e delle norme che ad esso fanno riferimento) in tema di limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi non capitalizzati nell’attivo dello stato patrimoniale.

Dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 i soggetti Ires (a esclusione delle banche e degli altri soggetti citati nel comma 5 del l’articolo 96) possono dedurre gli oneri finanziari ed assimilati (se inerenti e non colpiti da altre disposizioni limitative quale, ad esempio, l’articolo 90) senza problemi fino a decorrenza degli interessi attivi ed assimilati, mentre per l’eccedenza la deduzione avviene solo entro il 30% del cosiddetto “Rol caratteristico” (differenza tra le voci A e B del conto economico, con esclusione degli ammortamenti e dei canoni leasing).

La quota non dedotta viene riportata a nuovo e può essere recuperata nei periodi successivi rispettando la “capienza” massima della soglia annuale. Tra le (poche) tipologie di oneri che sfuggono a questa disciplina, vi sono (ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della legge 244/2007) «gli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione», che quindi si deducono senza misurare il Rol. Letteralmente, la disposizione non faceva (sino a oggi) distinzioni di tipo soggettivo (ossia sul piano delle imprese ammesse al beneficio) né su quello oggettivo (tipologia di immobili), ma riconosceva la deducibilità alla presenza di due requisiti: la presenza della garanzia ipotecaria e la destinazione (anche solo prospettica) dell’immobile alla locazione.

Tuttavia, l’agenzia delle Entrate (circolari n. 19/E/2009 e 37/E/2009) ha interpretato in modo notevolmente restrittivo la cerchia dei soggetti interessati a questa norma di favore, ritenendola applicabile alle sole “immobiliari di gestione”, vale a dire (richiamando la disciplina “pex” di cui all’articolo 87 del Tuir ed in particolare la Risoluzione n. 323/E/2007) le società in cui il valore del patrimonio (assunto a valori correnti) è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività (“immobili merce”), nonché da quelli direttamente utilizzati nell’esercizio dell’impresa. Questa limitazione soggettiva introdotta in via interpretativa era assai discussa, al punto che alcune società ne avevano ottenuto la disapplicazione in giudizio (ad esempio: Ctp Milano n. 959/1/2015, e Ctp Brescia n. 637/15/14).

Con i provvedimenti delegati si è quindi sentita l’esigenza (come emerge dalla relazione al decreto) di definire meglio l’ambito applicativo della previsione normativa, restringendolo «alle società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare». Secondo il nuovo testo normativo, si considerano tali le società: a) il cui attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno due terzi da canoni di locazione; b) che effettuano affitti di rami d’azienda immobiliare, il cui valore complessivo sia prevalentemente costituito dal valore normale dei fabbricati.

Va notato che, rispetto all’interpretazione fino ad oggi sostenuta dall’Agenzia, la norma appare ulteriormente restrittiva, perché non solo definisce gli immobili «rilevanti» ai fini del calcolo, ma introduce anche un limite minimo di “significatività” dei canoni di locazione sul totale dei ricavi realizzati. Dalla norma si evince che la verifica patrimoniale della prevalenza degli immobili locati andrà effettuata a valori correnti, con necessità di valutare in maniera oggettiva (ricorrendo a stime se non a vere e proprie perizie) l’intero attivo della società (la norma si disinteressa, invece, del passivo).

La stessa metodologia andrà utilizzata per verificare la prevalenza della parte immobiliare in ipotesi di affitto d’azienda. Dovrebbe essere ancora attuale quanto chiarito dalle Entrate con la circolare 37/E/2009, ossia che, una volta confermato il requisito soggettivo, la deducibilità “diretta senza Rol” riguarda gli interessi connessi a qualunque tipologia di immobile (patrimoniale o strumentale) oggetto di finanziamento, e che quest’ultimo può assumere, oltre alla forma del mutuo ipotecario, anche quella del leasing.

Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore del decreto, per cui, per la maggior parte dei soggetti, dal 2016. Poiché nella modifica non vi è nulla di interpretativo, si può concludere che la tesi restrittiva delle Entrate (che ora trova una “copertura” di legge) non può avere rilevanza sino al 2015 (compreso), aspetto importante per chi, sino ad oggi, ha dedotto direttamente gli interessi sui fabbricati locati senza essere una “immobiliare di gestione”, soprattutto se ha già in essere sul punto un contenzioso con le Entrate.

Giorgio Gavelli - 23 settembre 2015 – tratto da sole24ore.com

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