Controlli automatici impossibili ai semafori sulle strade extraurbane: manca una direttiva ministeriale che li disciplini. Una mancanza che si protrae da molto tempo (oltre cinque anni), tanto da finire in un dimenticatoio che fa prevedere che il problema resterà a lungo irrisolto.

Una spia si è accesa casualmente il 18 novembre, quando il ministero delle Infrastrutture ha esteso l’omologazione di un rilevatore di velocità e di passaggio col rosso prodotto dalla Velocar. Il decreto dirigenziale di estensione precisa che fuori città la funzione di controllo automatico ai semafori è attivabile solo sui tratti dove ciò è consentito. Una precisazione formalmente corretta, ma che ha stupito più di un addetto ai lavori: il vincolo imposto dal Codice della strada sulle strade extraurbane è rimasto sempre inapplicato.

Per capire perché, bisogna ricostruire le vicende di quando il vincolo fu imposto. Uno dei punti più pubblicizzati della riforma del Codice (legge 120/2010) fu l’ampliamento dei controlli automatici, aggiungendo all’articolo 201 (comma 1-bis) una serie di ulteriori infrazioni a quelle che già dal 2003 erano rilevabili «a distanza» (cioè da apparecchi fissi non presidiati da agenti). Per evitare una proliferazione incontrollata di rilevatori automatici, nel comma 1-quater fu aggiunto che tali strumenti «fuori dai centri abitati possono essere installati ed utilizzati solo sui tratti di strada individuati dai prefetti, secondo le direttive fornite dal ministero dell’Interno, sentito il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti». Venivano anche fissati i criteri di massima in base ai quali quei tratti andavano individuati: tasso d’incidentalità e condizioni «strutturali, plano-altimetriche e di traffico».

Tutto ciò è rimasto pura teoria: nessuna direttiva ministeriale è mai stata emanata. Né lo sarà mai, se la normativa non verrà cambiata. Il motivo che blocca tutto sta nell’elenco delle infrazioni che la legge 120/2010 ha aggiunto: il legislatore ha inserito anche violazioni che sarebbe velleitario controllare con apparecchi automatici. Basti pensare al numero dei passeggeri trasportati su moto e motorini, alla loro postura, al fatto che usino il casco. Oppure alla velocità non commisurata alle condizioni della strada, a prescindere dai limiti di velocità (chi e come potrebbe calcolare la soglia, valida per tutti, entro cui una velocità può ritenersi commisurata?).

L’oggettiva impossibilità di rilevare in automatico certe violazioni ha fatto sì che il ministero delle Infrastrutture non abbia omologato o approvato alcun apparecchio e che quello dell’Interno non abbia emanato la direttiva per i prefetti. Ma il comma 1-quater resta formalmente in vigore, per cui non c’è alcuna possibilità né di installare né di mettere in funzione un rilevatore automatico su una strada extraurbana. Nemmeno per quelle infrazioni che tecnicamente sarebbero rilevabili e per quelle sulle quali esistono già strumenti omologati o approvati.

Tra queste ultime c’è il passaggio col rosso, che infatti all’interno dei centri abitati è una delle violazioni più controllate (proprio perché molti incroci hanno sistemi automatici). Non sembra avere alcun rilievo il fatto che la limitazione ai tratti decisi dai prefetti sia stata introdotta solo nel 2010: anche gli impianti preesistenti dovrebbero essere disattivati o, al più, usati solo in presenza di agenti (fattispecie teorica, perché i controlli automatici servono anche a rimediare alle carenze di personale).

In teoria, questi impianti sono pochi: la maggior parte è sempre stata installata negli abitati. Ma spesso la situazione di fatto delle strade è talmente caotica che non si riesce a stabilire se un tratto sia classificato come urbano o no. Dunque si aprono nuovi fronti di contenzioso.

Si andrà avanti così fino a quando la materia verrà riordinata. Per ora l’unico spiraglio è nella riforma integrale del Codice della strada. Ma la legge delega segna il passo da due anni.

Maurizio Caprino - 8 dicembre 2015 – tratto da sole24ore.com

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