ROMA - La banca deve garantire la sicurezza del servizio bancomat per le manomissioni di terzi, anche quando il titolare della carta non la blocca immediatamente e non fa attenzione a nascondere il Pin quando lo digita. La Cassazione, con la sentenza 806, ribalta un doppio verdetto sfavorevole al ricorrente, riconoscendo la fondatezza dei suoi motivi.

Il correntista della banca aveva tentato di eseguire un prelievo bancomat ma l'apparecchio, dopo aver trattenuto la carta, aveva visualizzato la scritta «carta illeggibile» seguita da «sportello fuori servizio». Un inconveniente che il cliente aveva segnalato al vicedirettore della filiale, che lo aveva invitato a passare il giorno dopo; consiglio seguito, senza però rientrare in possesso della carta, che non era stata trovata. Trascorsi un paio di giorni il correntista si era accorto che dal suo conto erano stati prelevati circa 7mila euro, un “salasso” del quale aveva messo al corrente per iscritto il funzionario, aspettando però ancora 24 ore prima di denunciare il tutto all'autorità giudiziaria.

Per il Tribunale e per la Corte d'appello, il cliente è il solo responsabile di quanto accaduto. Lo “sprovveduto” correntista era stato vittima di una truffa da parte di uno sconosciuto che aveva prima manomesso il bancomat, poi si era avvicinato al ricorrente in difficoltà e con la scusa di aiutarlo aveva memorizzato il codice. Per i giudici di merito, a fronte di un comportamento così poco accorto - aggravato dal mancato blocco della carta - la banca non aveva colpe.

Di parere diverso la Cassazione, secondo la quale l'istituto di credito è venuto meno al suo dovere di diligenza professionale (articolo 1176, secondo comma del Codice civile). Il vice direttore che ha raccolto la denuncia sul cattivo funzionamento del bancomat, invece di mettersi in allarme per la sottrazione della carta da parte dello sportello, ha rimandato il controllo al giorno successivo. Presenta profili di colpevolezza anche l'omessa verifica, attraverso il circuito delle telecamere, della manomissione del dispositivo da parte di terzi. Elementi che la Corte d'appello non doveva sottovalutare.

La Cassazione ricorda che in una caso come quello esaminato, a fronte di un'esplicita richiesta della parte, i giudici dovevano verificare che l'istituto bancario avesse adottato tutte le misure idonee a garantire la sicurezza. Per la Suprema Corte, «la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento e assumendo quindi come parametro la figura dell'accorto banchiere».

Il Codice civile non precisa la misura della diligenza nelle obbligazioni relative all'esercizio di un'attività professionale: la valutazione, di carattere tecnico, va commisurata alla natura dell'attività e, in particolare, all'obbligo di custodia di uno strumento che è esposto al pubblico ed eroga denaro. La Corte d'appello dovrà ora tenere conto non solo di ciò che l'istituto non ha fatto, come il mancato esame delle telecamere, ma anche di ciò che ha fatto sbagliando, come l'ambigua indicazione di tornare il giorno dopo senza consigliare l'immediato blocco della carta. Inoltre, la Corte aveva trascurato del tutto la questione di prelievo di molto superiore al plafond contrattuale: 7mila euro a fronte dei 2.500 consentiti.

Patrizia Maciocchi - 20 gennaio 2016 – tratto da sole24ore.com

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