Sembra un paradosso e probabilmente lo è. Ma è anche la pura verità. In Danimarca ci sono oggi mutuatari che a fine mese, anziché pagare interessi sul debito, ricevono un accredito da parte della banca. Una coppia - come racconta il Wall Street Journal - ha ricevuto dalla banca 249 corone danesi (l’equivalente di 38 dollari) al termine del primo trimestre.
Questo accade quando lo spread del mutuo a tasso variabile è inferiore al tasso di indicizzazione. In questo momento il tasso della banca centrale danese è stato fissato a -0,65 per cento. A fronte di uno spread inferiore il mutuo della coppia citata nell’esempio è scivolato a un tasso negativo dello 0,05 per cento. Da qui il paradosso: la banca è costretta ad accreditare gli interessi maturati sulla somma che ha prestato anziché chiederli in cambio.
Tecnicamente la strada verso questo paradosso è aperta anche in Svizzera, dove il tasso ufficiale di riferimento è stato portato dalla banca centrale a -0,75 per cento.
Può accadere anche in Italia e, più in generale nei Paesi dell’area euro? Certamente sì ma solo per i mutui che al momento contemplino uno spread inferiore allo 0,34 per cento. Questo perché il valore dell’Euribor a 1 mese - uno dei parametri di indicizzazione dei mutui a tasso variabile - viaggia oggi a -0,34 per cento. Quindi nell’ipotesi in cui qualcuno stia rimborsando un mutuo con un spread dello 0,3% agganciato all’Euribor a 1 mese dovrebbe tecnicamente vedersi accreditata la somma degli interessi, come esattamente per la coppia danese.
Va detto che uno spread allo 0,3% è fuori mercato (in media gli spread negli ultimi 10 anni hanno oscillato oltre l’1%) ma non è da escludere in merito a mutui offerti da alcune banche a livello promozionale ai propri dipendenti. In ogni caso è bene verificare se la banca sottrae l’Euribor negativo allo spread, anche quando questo sia superiore all’Euribor.
Ci sono ancora alcune banche che in Italia pongono un cap, una soglia massima al tasso, indicando che in ogni caso il tasso non può mai risultare inferiore allo spread. Un modo elegante per evitare di sottrarre l’Euribor se negativo.
Su questo punto recentemente si è espressa anche la Banca d’Italia, precisando che le banche non devono porre un cap e sottrarre l’Euribor negativo allo spread nel calcolo del tasso finale mensile su cui calcolare la rata.
Ovviamente in questo paradosso danese, svizzero e a ruota potenzialmente anche italiano, non rientra chi sta pagando un mutuo a tasso fisso. Una tipologia di mutui che non protegge il mutuatario in caso di deflazione e tassi negativi, i due ingredienti di questa paradossale era dei tassi sottozero.

Vito Lops - 15 aprile 2016 – tratto da sole24ore.com

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