Nel 2019 si potrebbe andare in pensione cinque mesi prima di quanto previsto finora. È l’effetto della riduzione della speranza di vita relativa al 2015, comunicata dall’Istat il 19 febbraio di quest’anno, e recepita come ipotesi nelle proiezioni effettuate dalla Ragioneria generale dello Stato.
Le regole attuali prevedono che i requisiti minimi anagrafici o contributivi per andare in pensione siano adeguati periodicamente alla speranza di vita. Finora l’aggiornamento è avvenuto con cadenza triennale (l’ultimo vale per il 2016-2018), dal prossimo, che riguarderà il 2019-2020, si passerà alla cadenza biennale.

Fino all’anno scorso la Ragioneria generale dello Stato, nel rapporto annuale sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario, ha utilizzato come scenario di riferimento per calcolare la progressione dei requisiti minimi quello demografico Istat centrale con base 2011.

Nel documento pubblicato questo mese, invece, si tiene conto di quanto comunicato dall’Istat nel mese di febbraio: nel 2015 la speranza di vita alla nascita è stata di 80,1 anni per gli uomini (rispetto a 80,3 nel 2014) e di 84,7 per le donne (era 85).

A fronte di ciò, si legge nel diciassettesimo rapporto della Ragioneria «difficilmente l’adeguamento decorrente dall’anno 2019 potrà rispettare quanto previsto» dallo scenario precedente. Di conseguenza è stata realizzata una doppia proiezione che tiene conto dell’inversione di tendenza della speranza di vita. Tuttavia le regole previdenziali attualmente in vigore non consentono un adeguamento dei requisiti minimi in diminuzione: a fronte di un valore negativo dell’aspettativa di vita, i requisiti rimangono invariati. È questa è l’ipotesi riportata nel rapporto della Ragioneria, in base al quale nel 2019, invece di 67 anni, potrebbero essere sufficienti 66 anni e 7 mesi per la pensione di vecchiaia degli uomini e delle dipendenti pubbliche: un “regalo” di cinque mesi.

Si tratta comunque di ipotesi e la stessa Ragioneria evidenzia che «qualora nell’anno 2016 si realizzasse un recupero della diminuzione della speranza di vita registrata per l’anno 2015, gli adeguamenti effettivi decorrenti dal 2019 potrebbero collocarsi in una situazione intermedia» tra zero e cinque mesi. Il dato definitivo sarà ufficializzato solo a fine 2017, con un decreto direttoriale del ministero dell’Economia.

Peraltro per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, l’ “appuntamento” con la soglia dei 67 anni è solo rimandato al 2021, perché quell’anno, a legislazione invariata, il minimo non potrà essere inferiore a 67 anni.

Matteo Prioschi - 26 luglio 2016 – tratto da sole24ore.com

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