Anticipo pensionistico ma non solo. Il dossier previdenziale da inserire nella legge di Bilancio 2017 (a cui lavora il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini) punta anche all’adeguamento degli assegni più bassi. Anzi, è proprio questo il capitolo che Nannicini ha ripreso in mano dopo la pausa ferragostana. Le opzioni sono due, non necessariamente alternative: aumento della 14esima mensilità e ampliamento della platea degli attuali beneficiari portando a 12-13mila euro l’anno il tetto del reddito per poter ricevere l’assegno aggiuntivo. E si valuta anche se alzare la “no tax area”, già elevata quest’anno da 7.500 euro a 7.750 per gli under 75 e da 7.750 a 8.000 per chi ha più di 75 anni.

Quanto all’Ape, la nuova flessibilità ha un target dichiarato: offrire un’opzione di anticipo fino a 3,7 anni, rispetto ai requisiti attuali, ad almeno 150mila lavoratori l’anno, 350mila nel primo triennio. L’Ape, il prestito bancario assicurato con rimborso ventennale, consentirà di lasciare il lavoro, da gennaio prossimo, a chi ha compiuto 63 anni con almeno 20 di contributi versati. Ma questa “misura madre” del pacchetto previdenziale messo a punto da Nannicini, in collaborazione con i tecnici del ministro del Lavoro, sarà accompagnata da almeno tre altri interventi capaci, a loro volta, di agevolare anticipi di pensionamento. Si tratta delle norme per rendere gratuite le ricongiunzioni di contributi versati in gestioni diverse in momenti diversi della vita lavorativa (anche per accedere ai requisiti di anticipo e non solo di vecchiaia), le semplificazioni per le attività usuranti e il bonus contributivo per i «precoci», ovvero chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni.

Secondo quanto dichiarato da Nannicini al Sole 24 Ore i flussi di uscita determinati da questi tre ulteriori canali di uscita flessibili vanno considerati come parte della platea indicata in circa 150mila l’anno. In particolare la misura per i “precoci” sarà a maglie strette: un bonus contributivo figurativo maggiorato di 4 o 6 mesi per ogni anno di lavoro in minore età sarebbe riconosciuto solo a coloro che hanno 52 o 104 settimane di contributi in età minorile. Per contenere la platea degli “usuranti”, invece, la semplificazione in arrivo potrebbe limitarsi a cancellare l’attuale requisito dell’ultimo anno di lavoro faticoso prima del ritiro anticipato per coloro che hanno totalizzato 7 anni di impiego pesante negli ultimi dieci. Ma su questo fronte c’è anche l’ipotesi di riconoscimento di lavoro usurante per nuove categorie come gli operai edili e, forse, gli infermieri di sala operatoria.

Lo schema resta aperto fino all’ultimo confronto con i sindacati annunciato a settembre, quando si apprenderà la scelta più importante che il governo deve fare: quante risorse metterci. Secondo i sindacati servirebbero almeno 2,5 miliardi per l’Ape e gli altri tre canali di flessibilità semplificata ma anche per garantire l’adeguamento degli assegni più bassi. Il viceministro dell’Economia Enrico Morando è invece intervenuto su Sky Tg24 in merito al taglio Irpef per il 2018: «Sarebbe importante decidere ora cosa faremo sul reddito da lavoro nel 2018, con le necessarie coperture, che potranno essere anticipate, se ci saranno le condizioni, al 2017».

Davide Colombo – 23 agosto 2016 – tratto da sole24ore.com

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