Via libera alla disponibilità piena dei crediti tributari e contributivi. Anche per quanto riguarda l’Iva. Sia nel concordato preventivo sia nell’accordo di ristrutturazione del debito.

Cade un tabù del nostro ordinamento e cade con un emendamento presentato alla legge di stabilità. Si tratta del frutto di un tavolo istituito al ministero dell’Economia con la partecipazione dell’agenzia delle Entrate, del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e dei presidenti delle principali Sezioni fallimentari del Paese (Milano, Napoli e Roma). La novità è emersa dal convegno organizzato ad Alba dall’Associazione albese studi di diritto commerciale dedicato a «Il difficile cammino del risanamento dell’impresa: procedure concorsuali, limiti dell’accesso al credito e rigidità dello Stato esattore».

E proprio ad attenuare l’impermeabilità dello Stato creditore, favorendo il risanamento delle imprese, punta l’emendamento che rappresenta un’apertura decisiva dopo che nell’aprile scorso la Corte di giustizia europea con la sentenza nella causa C-546/14 aprì una prima breccia nell’orientamento consolidato della giurisprudenza sia costituzionale sia di legittimità che avevano invece sempre escluso una falcidia dei crediti Iva.

L’emendamento prende atto così di una realtà che vede sempre più spesso le imprese in crisi trovare risorse non versando imposte e contributi. Un mancato rispetto dell’obbligo di sostituto che ha poi un riflesso nel considerevole aumentare dell’esposizione verso Fisco e Inps certificata anche dai dai empirici (al Tribunale di Milano il 40% dei debiti rilevati dalla Sezione fallimentare ha appunto natura fiscale o previdenziale). Prassi che potrebbe venire meno con l’entrata in vigore della riforma della Legge fallimentare in discussione alla Camera che prevede l’istituzione di procedure di allerta.

“L’emendamento prende atto di una realtà che vede sempre più spesso le imprese in crisi trovare risorse non versando imposte e contributi ”

Del resto, ha spiegato il presidente della Corte d’appello di Roma, Luciano Panzani. «L’impresa sino a oggi ha visto nel mancato funzionamento della transazione fiscale un ostacolo rilevante alla ristrutturazione. E la transazione fiscale non ha funzionato per via del principio dell’indisponibilità del credito tributario che è stato considerato soprattutto per i tributi europei e quindi per l’Iva come un dogma irrinunciabile. La Corte costituzionale aveva avallato l’interpretazione più rigorosa. La Corte di giustizia ha invece riportato il principio entro limiti più ragionevoli, riconoscendo agli Stati membri discrezionalità in ordine alle modalità di recupero».

Del resto - ed è stato un tema sottolineato dal presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, Gerardo Longobardi - bisogna fare i conti con le costanti difficoltà dell’Erario a incassare quanto accertato. Alla fine un meccanismo di definizione dei crediti fiscali analogo a quello previsto per la generalità dei crediti potrà rappresentare un vantaggio anche per l’amministrazione finanziaria.

Un elemento condiviso anche dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, visto che il tasso di recupero sui crediti nei confronti del fallimento è assai basso. E l’interesse del Fisco a iscrivere al passivo delle procedure crediti che non verranno pagati è assai basso. Orlandi ha poi rivendicato l’appoggio all’emendamento come ulteriore passaggio di una strategia complessiva che vede nel Fisco anche un possibile fattore di sviluppo del sistema Paese.

Il meccanismo messo a punto nell’emendamento prevede la possibilità di proporre con il piano di concordato preventivo, ma anche nelle trattative che precedono la sigla dell’accordo di ristrutturazione, un pagamento parziale o anche a rate dei tri buti e dei contributi.

Possibilità subordinata alla condizione che il piano preveda una soddisfazione «in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)» della Legge fallimentare.

La possibilità potrà riguardare qualsiasi tributo e non solo la quota di debito che ha natura chirografaria e soprattutto anche l’Iva. La versione attuale della Legge fallimentare invece prevede solo che possa essere presentata una dilazione dei pagamenti ma non anche una loro riduzione.

Giovanni Negri - Domenica 20 novembre – tratto da sole24ore.com

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