A dieci anni dall’entrata in vigore di una discussa direttiva che ha liberalizzato l’attività dei servizi nell’Unione, la Commissione europea ha illustrato ieri nuove misure per rilanciare l’integrazione economica nel terziario. L’iniziativa è stata associata a un pacchetto per meglio regolamentare l’uso di dati elettronici e garantire la privacy anche sui nuovi sistemi di comunicazione. Potenzialmente, le nuove norme potrebbero ridurre l’attività di pubblicità mirata online.

Tra le altre cose, la Commissione europea ha proposto la nascita di una carta d’identità elettronica che possa permettere a una società di lavorare liberamente in un paese senza chiedere volta per volta autorizzazioni amministrative. «Gli ostacoli al commercio dei servizi sono ostacoli alla competitività – ha spiegato il vice presidente della Commissione Jyrki Katainen – Vogliamo quindi semplificare le procedure per i prestatori di servizi transfrontalieri».

La nuova carta elettronica dei servizi permetterà alle società del terziario, più precisamente i prestatori d’opera per altre imprese e le aziende edili, di velocizzare la procedura per ottenere il necessario lasciapassare che consenta loro di lavorare in paesi terzi. Le aziende si rivolgeranno alla loro autorità nazionale nella loro lingua, presentando i documenti necessari. Queste ultime trasmetteranno il tutto al paese nel quale l’azienda vuole effettivamente offrire il suo servizio.

In sostanza, l’obiettivo è di ridurre le incombenze amministrative, riducendo di metà costi, che oggi possono arrivare fino a 10mila euro. Anziché presentare la richiesta di lavoro per ogni singolo contratto, la nuova carta elettronica consentirebbe all’azienda di offrire i propri servizi indipendentemente dai singoli rapporti di lavoro per un dato periodo. Il terziario rappresenta oggi a livello europeo il 70% del prodotto interno lordo, e dà lavoro al 90% degli occupati.

La Commissione ha voluto sottolineare ieri che l’iniziativa non rimette in forse i principali parametri della direttiva del 2006, nota con il nome di Frits Bolkestein, l’allora commissario olandese al mercato unico. Dieci anni fa, il testo fu oggetto di accese polemiche per il timore che i paesi più ricchi venissero sopraffatti da società di servizi più competitive provenienti dall’Est Europa. Nacque in quel periodo il timore di una invasione di “idraulici polacchi”.

«Le autorità del paese ospite manterranno il potere di decidere se un prestatore di servizi rispetti tutti i requisiti necessari per offrire servizi sul suo territorio», si legge nel comunicato pubblicato ieri. Questo aspetto fu dieci anni fa uno dei nodi più controversi.

Più in generale, la Commissione vuole migliorare la valutazione delle singole leggi nazionali nel campo dei servizi per garantire la proporzionalità dei requisiti nazionali rispetto all’esigenza europea di rafforzare il mercato unico.

Sempre ieri la Commissione ha anche annunciato di volere meglio regolamentare l’economia dei dati elettronici per trovare un equilibrio tra le esigenze della privacy e le opportunità dell’economia. Questo settore nel 2015 valeva 272 miliardi di euro, un valore che potrebbe salire a 643 miliardi entro il 2020. Accogliendo con favore la decisione comunitaria, Business Europe ha definito l’economia dei dati «la fonte battesimale della quarta rivoluzione industriale».

Più concretamente, Bruxelles vuole imporre regole sulla privacy non solo alle classiche società telefoniche ma anche ai nuovi providers, come What’sApp o Skype. In questo contesto, nella sua proposta legislativa, la Commissione vuole permettere all’utilizzatore se consentire o meno la sua individuazione (tracking in inglese) quando questi naviga su Internet. Potenzialmente, la nuova norma potrebbe ridurre la possibilità per Google o per Facebook di personalizzare la pubblicità online.

Secondo la proposta, che deve essere approvata - come d’altronde il testo relativo ai servizi - dal Parlamento e dal Consiglio, società in violazione della nuova norma potrebbero essere costrette a pagare una multa pari al 4% del fatturato. Bruxelles vuole meglio controllare società Internet ritenute sempre più invasive. Al tempo stesso, vuole promuovere un settore in ascesa. Secondo eMarketer la pubblicità online in Europa potrebbe pesare nel 2020 fino a 45 miliardi di euro, rispetto ai 35 miliardi del 2016.

Beda Romano - 10 gennaio 2017 – tratto da sole24ore.com

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