Locale rumoroso, nessuna responsabilità per il gestore, deve vigilare il Comune. Lo afferma il Tar Lombardia (sezione di Brescia) nella sentenza 1255/2017.

Il fenomeno degli esercizi pubblici, quali bar, ristoranti, pensioni o attività simili all’interno degli immobili in condominio crea malumori e disagi per quel che concerne le immissioni rumorose. Le questioni sono due, quella relativa alla eventuale responsabilità del gestore o del proprietario dell’immobile per i danni eventualmente causati a terzi, e quella relativa al dovere di vigilanza e controllo sugli avventori “rumorosi”.

La Corte di Cassazione ha da tempo stabilito come, in assenza di carenze strutturali dell’immobile locato adibito a esercizio pubblico, è da escludersi qualsiasi coinvolgimento del proprietario del locale, il quale quand’anche consapevole delle immissioni rumorose, non avrebbe fornito alcun apporto alla causazione del fatto dannoso.

In concreto, infatti, è stato ritenuto dalla Cassazione che «la domanda risarcitoria poteva essere proposta nei confronti del proprietario solo se egli avesse concorso alla realizzazione del fatto dannoso, quale autore o coautore dello stesso, mentre il solo fatto di essere proprietario, ancorché consapevole, ma senza alcun apporto causale al fatto dannoso, non è idoneo a realizzare una sua responsabilità aquiliana». (sentenza 16407/2017).

Ma c’è un altro aspetto importante: quello relativo al soggetto cui spetta materialmente il controllo della clientela, per prevenire fenomeni di disturbo e, eventualmente, quale contromisura adottare. E il Tar Lombardia ha affermato che sul gestore dell’esercizio pubblico non grava alcun obbligo di vigilanza degli spazi esterni al locale, in assenza di utilizzo e quindi di autorizzazione al loro sfruttamento, dovere che, invece, incombe sull’amministrazione comunale proprietaria dell’area.

La vicenda parte dal ricorso al Tar di una società gestore di un bar la quale, già in precedenza, era stata invitata dal Comune, intervenuto a seguito di diverse segnalazioni, «a verificare i livelli di rumorosità di tutti gli impianti utilizzati e dell’attività esercitata nel suo complesso e a presentare una relazione di misure effettuata da un tecnico competente».

In mancanza, è stato richiesto l’intervento dell’Arpaaffinché provvedesse alle necessarie misurazioni.

Contestualmente, la predetta società ha ottemperato alla richiesta, depositando la relazione di impatto acustico nella quale, tra l’altro, si obbligava all’apposizione di cartelli all’esterno del locale, per esortare la clientela a moderare il tono di voce, nonché a controllare il comportamento degli stessi al di fuori del locale, e a non mettere tavolini all’esterno (il «plateatico») né installare mezzi di diffusione sonora.

Nel frattempo l’Arpa prescriveva, limitazioni all’utilizzo dell’area esterna dopo le ore 22, gravando il gestore dell’obbligo di impedire lo stazionamento della clientela all’esterno del locale. Dato che la società non ottemperava, il Comune adottava un’ordinanza nel quale la obbligava ad attenersi alle prescrizioni, ordinanza oggetto, appunto, del ricorso al Tar.

Ma per il Tar Lombardia «la misura imposta con specifico riferimento al divieto di stazionamento degli avventori del locale negli spazi esterni appare, infatti, esulare dal potere del Comune e risulta, dunque, essere irrazionale nella parte in cui trasferisce sulla ricorrente oneri che graverebbero sull’amministrazione locale. (...) il divieto in parola è implicito nel fatto che la ricorrente non ha alcuna autorizzazione all’uso del plateatico, il controllo sul fatto che ciò non avvenga abusivamente rientra nella competenza del Comune. Pertanto, al gestore non può essere imposto di vigilare su un uso degli spazi esterni autonomamente fatto dagli avventori».

In sostanza l’utilizzo fatto da terzi, nella fattispecie, dai clienti del locale, del suolo pubblico, non può essere ascritto al gestore dello stesso che, conseguentemente, non potrà avere alcuna responsabilità in tal senso, non fosse altro perché non ha a disposizione alcuno strumento di repressione in merito all’illegittimo utilizzo del bene demaniale.

Paolo Accoti - 21 novembre 2017 – tratto da sole24ore.com

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